«Viva l’Italia antifascista!». L’urlo alla Prima della Scala accende la platea ma irrita Salvini. E la Digos ferma il «disobbediente» – Il video

L’uomo che ha fatto partire il grido dopo l’Inno di Mameli si chiama Marco Vizzardelli. Ha riferito di essere stato identificato da 4 uomini nell’intervallo dell’opera

Si è conclusa con 13 lunghi minuti di applausi la Prima della Scala di questo 7 dicembre 2023, ma anche con dei fischi per il regista del Don Carlo di Giuseppe Verdi andato in scena a Milano, lo spagnolo Lluís Pasqual. Una lunga serata di musica che ha comunque raccolto in maggioranza apprezzamenti, anche dagli ospiti d’onore che sedevano nel Palco Reale – dal presidente del Senato Ignazio La Russa alla senatrice a vita Liliana Segre, dai ministri Matteo Salvini e Gennaro Sangiuliano fino al sindaco di Milano Beppe Sala. A rovinare la serata non è stata neppure il malessere del tenore Michele Pertusi (Filippo II nell’opera), che nonostante l’avvertimento dato al pubblico prima dell’ultimo atto dal sovrintendente Dominique Meyer ha poi performato egregiamente, strappando lunghi applausi al Teatro. Una platea che s’era “infiammata” a sorpresa anche in apertura di serata: non solo per dare il benvenuto agli ospiti d’onore del Palco Reale – in particolare alla senatrice a vita Liliana Segre – ma anche quando, una volta spentesi le luci dopo l’Inno di Mameli, è risuonato in tutto il teatro l’urlo «Viva l’Italia antifascista!». Proposito isolato che è però stato accolto da urla «Bravo» e applausi. E che è apparso come un chiaro “messaggio” agli esponenti di governo e maggioranza seduti nel Palco Reale, a partire da La Russa. Che ha scelto comunque di aggirare accuratamente ogni accenno polemico. «Non l’ho sentito», ha poi detto ai cronisti nell’intervallo. Chi deve averlo sentito benissimo, quel grido, è invece Salvini, che non sembra averla presa affatto bene. «Se uno viene alla Scala ad urlare o agli Ambrogini a fischiare ha un problema», ha ringhiato il vicepremier, ricordando come invece «alla Scala si viene per ascoltare, non per urlare. Per fortuna la musica ha spiazzato via le polemiche, è stata un serata bellissima», ha chiosato. Valutazione, almeno questa, condivisa anche da Liliana Segre. «Per me è stata una serata bellissima, mi è mancato Mattarella ma per il resto tutto perfetto», ha commentato la senatrice a vita al termine della Prima.


I controlli della Digos sul “disturbatore”

Qualche guaio in più nel corso della serata l’ha passato invece il “loggionista” che ha fatto partire l’urlo della discordia. Si chiama Marco Vizzardelli, è un giornalista esperto di equitazione ma anche un patito dell’opera lirica, e all’uscita dalla Scala ha fatto sapere di essere stato identificato dalla Digos. «A metà del primo atto si è avvicinato un individuo e ho capito che si trattava di un agente in borghese. Mi sono un po’ spaventato e mi ha fatto un gesto di stare tranquillo», ha raccontato Vizzardelli all’Ansa. «Alla fine dell’atto mi ha mostrato il tesserino e mi ha detto che voleva identificarmi, ma gli ho risposto che non avevo fatto nulla di male e che non aveva nessun senso dato che siamo in un Paese democratico». Ma la cosa non è finita lì. Nel corso dell’intervallo, infatti, ha proseguito il giornalista, «sono andato nel foyer e lì mi hanno fermato in quattro: mi hanno detto che erano della Digos e che dovevano identificarmi. Ho ribadito che non aveva senso e poi l’ho buttata sul ridere, spiegando che avrebbero dovuto legarmi e arrestarmi se avessi detto “viva l’Italia fascista”. Si sono messi a ridere anche loro ma mi han detto che dovevano fare così. E quindi mi hanno fotografato la carta d’identità».


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