Medici in pensione a 72 anni, anzi no. L’idea del governo dura due ore: «Questione controversa, ne ridiscuteremo»

Il ministro Ciriani prima parla di un emendamento alla manovra pronto, poi si rimangia tutto dopo le proteste dei sindacati

È durata lo spazio di poche ore, l’idea del governo di intervenire ancora sulla legge di Bilancio per spostare in là di due anni l’età pensionabile – su base volontaria – dei medici. La proposta fatta circolare in serata dal ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, prevedeva di concedere l’opportunità appunto ai medici con ruolo di dirigenti o di docenti universitari di restare in servizio sino ai 72 anni, due in più di quelli dell’attuale età perla pensione. La norma in deroga sarebbe valsa solo per loro, mentre per gli infermieri l’età di fine del servizio sarebbe rimasta ferma a 70 anni, nell’intendo di irrobustire gli organici degli ospedali. Ma la semplice evocazione dell’idea ha creato un vespaio di polemiche, e così nel giro di poche ore lo stesso Ciriani s’è visto costretto a fare marcia indietro. «L’emendamento non era neppure stato depositato, era solo una proposta, una disponibilità da parte di governo e maggioranza a discutere, ma abbiamo visto che è scattato subito un dibattito gigantesco sulla questione che porterebbe via troppo tempo e forse ora non è il momento né l’ora per discutere una questione così
importante. Verificheremo nei prossimi mesi», ha chiuso la questione il ministro FdI, riconoscendo che si tratta di una questione «complessa e controversa». Appena circolata la proposta, ad insorgere pubblicamente erano stati i sindacati, già mobilitati da settimane contro la manovra, accusata di indebolire ulteriormente il Servizio sanitario nazionale. Per Pierino Di Silverio, segretario del maggiore dei sindacati dei medici ospedalieri, l’Anaao Assome, l’emendamento del governo costituiva «un insulto alla categoria, solo per salvare alcune lobby. Questa volta faremo le barricate e siamo disposti a indire nuovi scioperi da subito. Non si salva così la sanità pubblica», aveva attaccato a testa bassa. Poi la retromarcia del governo stesso.


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