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Aquile, croci celtiche e saluti romani. Quegli inni al Duce tra i ragazzi e i coach del football americano

05 Gennaio 2024 - 10:02 Redazione
Una serie di episodi sospetti tollerati per anni dalla Fidaf: il ruolo del vicepresidente ed ex poliziotto del G8 di Genova

Saluti romani, croci celtiche, foto del Duce e simbologie fasciste. È una vera e propria ombra nera quella che si stende sul mondo italiano, e specialmente del romano, del flag football e del football americano: a raccontarne l’ampiezza è oggi la Repubblica, che già negli scorsi giorni aveva scovato alcuni episodi “sospetti”. Prima erano emersi gli scatti di saluti romani sul pullman della nazionale junior di flag football in un raduno a Cecina la scorsa primavera e di quello mostrato in campo dal coach della nazionale Giorgio Gerbaldi, a ottobre a Göteborg. Poi i messaggi «diffamatori e intimidatori» inviati sui social, sotto pseudonimo, dal vicepresidente della Federazione italiana di American football (Fidaf) ad altri tesserati. Ora Paolo Berizzi dà conto di una serie di altre segnalazioni ricevute su «macchie nere» su un universo sportivo per il resto pulito. Il 4 marzo 2018, giorno delle elezioni politiche, il club ASD Gladiatori Roma si presenta a una partita a Livorno con in bella vista lo stemma che fin lì, evidentemente, non ha disturbato nessuno – aquila dentro una corona appoggiata a uno scudo – ma anche mettendo in mostra una foto di Benito Mussolini e saluti romani. Parte una denuncia, che sarà però archiviata dalla procura locale. Negli stessi mesi, d’altra parte, ad alzare il braccio in fiero saluta fascista con alle spalle i suoi ragazzi era Roberto Palladino, l’ex coach (ora defunto) dei Gladiatori, una delle due società sportive romane da cui sarebbe nata l’ASD Gladiatori (aka “i Pretoriani”). L’altra, i Barbari Roma Nord, dal canto suo usava concludere l’huddle col più noto dei saluti nazisti: «Sieg heil!», urlavano indisturbati i ragazzi in campo. Episodi isolati? Forse, ma a preoccupare – sottolinea Berizzi su Repubblica – è soprattutto l’assenza di alcun intervento su di essi della Fidaf, al di là di qualche impacciata presa di distanza. Non per caso, forse, considerato il ruolo rivestito nella Federazione da Fabio Tortosa, ex poliziotto coinvolto nel massacro della scuola Diaz al G8 di Genova nel 2001, poi divenuto vicepresidente vicario e uomo forte della Federazione.

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