Blinken sul futuro di Gaza: «Molti Paesi vogliono uno Stato palestinese. La guerra può finire domani, dipende da Hamas»

Nel giorno di visita del segretario Usa, non accenna a spegnersi l’escalation di violenza tra Israele ed Hezbollah

Sono molti i Paesi della regione che mostrano disponibilità a investire nella ricostruzione di Gaza e nel supporto ai palestinesi. Tuttavia, questo sostegno è condizionato dalla «realizzazione di uno stato palestinese». È quanto dichiara il segretario di Stato Usa Antony Blinken nel corso della conferenza stampa in Israele. «Il punto di vista espresso da questi Paesi è fondamentale per porre fine una volta per tutte a un ciclo di violenza attraverso la realizzazione dei diritti politici palestinesi». Non solo. Non ha dubbi Blinken su come possa esserci una svolta nel conflitto: «La guerra a Gaza potrebbe finire domani se Hamas prendesse le decisioni giuste», incalza. Il gruppo terrorista, sostiene il segretario americano, «avrebbe potuto terminare tutto l’8 ottobre se non si fosse nascosto dietro civili, se avesse gettato le armi, se si fosse arreso, se avesse rilasciato gli ostaggi». Con queste premesse, invita Hamas a prendere le decisioni opportune adesso.


Libano, nuovi raid mirati di Israele: ucciso il capo delle forze aeree di Hezbollah

Non accenna a spegnersi l’escalation di violenza tra Israele ed Hezbollah, nel giorno in cui è in visita nello Stato ebraico il segretario di Stato Usa Antony Blinken. Nelle prime ore di questa mattina il gruppo sciita che opera nel sud del Libano ha colpito per la prima volta con droni esplosivi il centro di comando nord dell’esercito israeliano di Safed. Una reazione all’uccisione mirata, ieri, del vicecomandante delle forze d’élite del “Partito di Dio”, Wissam al-Tawil che non avrebbe provocato vittime né danni, secondo l’Idf, ma dolorosa. A stretto giro è arrivata così la controrisposta israeliana: altri tre miliziani di Hezbollah sono stati uccisi in strike mirati nel sud del Libano. Uno di essi sarebbe secondo i media locali Ali Hussein Barji, comandante delle forze aeree di Hezbollah. È stato centrato da un drone israeliano mentre era in macchina a Khirbet Selm, poco prima dell’inizio dei funerali dello stesso al-Tawil. Israele, come da prassi, non ha confermato né smentito l’accaduto. L’Idf ha annunciato invece che ieri a Gaza sono morti 9 soldati e altri 8 rimasti feriti in tre diversi episodi di guerra, segnando una delle giornate più sanguinose per le forze israeliane nella Striscia dall’inizio dell’invasione.


La missione di Blinken

Il segretario di Stato Usa è a colloquio in queste ore coi massimi dirigenti dello Stato ebraico, a partire dal premier Benjamin Netanyahu, al culmine della missione in Medio Oriente che lo ha già portato nei giorni scorsi in Turchia, Grecia, Giordania, Qatar e Arabia Saudita. Al centro di tutti gli incontri, il destino della guerra a Gaza e lo scenario di un possibile allargamento del conflitto nella regione. «È prioritario evitare di infliggere ulteriori danni ai civili» a Gaza, ha detto Blinken a Netanyahu, secondo quanto riferisce il portavoce del dipartimento di Stato a Tel Aviv. Già ieri sera, appena atterrato a Tel Aviv, Blinken aveva sottolineato nei primi scambi coi vertici israeliani come la finestra d’opportunità per una normalizzazione dei rapporti coi Paesi arabi vicini resta aperta, se però Israele saprà aprire un percorso verso la creazione di uno Stato palestinese. L’ala più a destra della coalizione di governo di Netanyahu sembra avere ben altro in mente, come gli ha ricordato oggi Itamar Ben Gvir («non è il momento di parlare dolcemente con Hamas, ma di colpirla col bastone grosso». Ma al contempo nelle ultime 24 ore Israele ha dato almeno due segnali significativi all’amministrazione Usa. Ieri il portavoce dell’Idf ha annunciato che la guerra a Gaza è ora entrata in una «fase nuova», di combattimenti meno intensi, mentre questa mattina le forze israeliane hanno sgomberato e demolito una serie di avamposti illegali eretti nelle vicinanze della colonia Pney Kedem, non lontano da Betlemme. Un’operazione che ha destato le proteste dell’estrema destra parte della maggiorana di governo, ma rivendicata dal ministro della Difesa Gallant, che ha detto di averla ordinata personalmente.

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