Veneto, non passa la legge sul fine vita. Non basta il sostegno di Zaia, centrodestra spaccato

Il voto non ha passato i primi due dei cinque articoli complessivi, che richiedevano il sì della maggioranza assoluta

Niente legge sul fine vita in Veneto. Il consiglio regionale, riunitosi oggi, non ha approvato il progetto legislativo «Liberi Subito», presentato dall’Associazione Luca Coscioni. Il voto non ha passato i primi due dei cinque articoli complessivi, che richiedevano il sì della maggioranza assoluta. Il secondo, in particolare, è un articolo «fondamentale» della legge, per cui il presidente Roberto Ciambebetti ha proposto il rinvio in commissione, che è stata poi approvata dall’assemblea. La discussione ha visto la spaccatura del centrodestra, con Fratelli d’Italia e Forza Italia contrari, il presidente Luca Zaia e parte della Lega favorevoli, come le opposizioni. La votazione segna, con ogni probabilità, un “prima” e un “dopo” per il governatore del Veneto che ha lasciato alla maggioranza la libertà di voto. Zaia si è più volte dichiarato a favore di una normativa che consenta al paziente di auto-somministrarsi un farmaco letale a determinate condizioni, in contrasto con le posizioni pro-life del suo partito, la Lega. «La legge non cambiava il corso delle cose, il fine vita è già autorizzato da una sentenza della Corte Costituzionale», ha dichiarato Zaia post-voto. Per il presidente del Veneto è, inoltre, «scandaloso che ancora oggi qualcuno faccia credere che noi oggi decidiamo sul fine vita in Veneto».


La legge

La legge definiva «i ruoli, i tempi e le procedure delineate della Corte costituzionale (nel 2019, ndr) attraverso una sentenza immediatamente esecutiva». I giudici costituzionali con la sentenza del 2019 hanno individuato quattro requisiti per poter accedere al fine vita: la persona deve essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (ad esempio l’idratazione e l’alimentazione artificiale), deve essere affetta da una patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputi intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Tali condizioni dovevano essere verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere di un comitato etico territoriale. L’azienda sanitaria regionale aveva inoltre il compito di assistere il paziente in ogni fase, incluso farmaco, macchinario e assistenza medica per la preparazione all’auto-somministrazione alla persona malata che ne faccia richiesta. La verifica e assistenza ai trattamenti, stabilite dal progetto di legge, erano assicurate gratuitamente.


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