Il fondatore di Slow Food ci ripensa: «No alla carne coltivata a tavola». I rischi per la salute e l’appello agli ambientalisti

Secondo Carlo Petrini, non ci sono ancora sufficienti informazioni per capire i veri rischi della carne sintetica sulla salute. E per produrla, spiega, è necessaria troppa energia

Il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, corregge il tiro sulla cosiddetta «carne coltivata», che solo pochi giorni fa aveva difeso. Prendendo una posizione simile a quella del ministro alla Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, ma da un fronte e con argomenti differenti. Intervistato dalla Stampa, Petrini premette un «assoluto rispetto per la ricerca scientifica», consapevole che «la carne coltivata può anche avere un eventuale uso medico. Dunque resto a guardare». Se però il discorso passa alla tavola, Petrini dice chiaro e tondo di «opporre il mio No assoluto» all’uso alimentare della carne coltivata.


Lo spreco di cibo e le disuguaglianze

Petrini dice di essere contrario innanzitutto «per una forma di precauzione verso la salute di ognuno di noi. In secondo luogo perché significherebbe fare ricorso a un consumo di energia spropositato». E poi c’è la scarsa disponibilità di dati relativi allo sviluppo della carne sintetica: «C’è poca informazione – spiega – Parliamo di prodotti iper-processati di cui non si sa quasi nulla. E che peraltro sono in mano a poche multinazionali. Come è noto, io rivendico l’urgenza di difendere i piccoli allevamenti virtuosi». C’è poi l’atavico fenomeno dello spreco di cibo, nonostante le grandi produzioni in questa società che «dispone di troppo cibo ed è afflitta da troppa malnutrizione. Lo spreco alimentare è inaccettabile – aggiunge Petrini – il 33% degli alimenti prodotti viene buttato via. Siamo schiavi di un modello che non funziona». L’altro paradosso relativo al cibo è che quello «di scarsa qualità viene consumato dalla gente povera, ma realizzato da produttori ricchi che ottengono molti contributi. E cibo di alta qualità per gente ricca realizzato da produttori che guadagnano poco e che non hanno nessun sussidio».


L’appello agli ambientalisti

Dietro la carne sintetica, Petrini vede poi il rischio di una «rottura culturale tra il mondo agricolo e quello ambientalista. Per cui direi agli ambientalisti: portate avanti le vostre istanze nel rispetto delle esigenze dei contadini. Esigenze che noi di Slow Food cerchiamo di tutelare da trent’anni. Anche Terra Madre è nata per questo».

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