Lucca, il duello dei genitori sulle scelte mediche del figlio transgender finiscono in tribunale

La storia di un minorenne che ha iniziato il percorso al Careggi e del ricorso della madre per poter consentirgli di seguire la terapia bloccante la pubertà

Madre e padre di un ragazzo transgender sono finiti in tribunale per poter decidere sulle scelte sanitarie del figlio. Nel 2019 quest’ultimo ha quasi 14 anni quando acquisisce la consapevolezza di voler avviare un percorso di affermazione genere e, come da prassi, inizia quindi il lungo iter medico-giuridico per poterlo realizzare. Segue prima un percorso psicoterapeutico con una figura specializzata del settore e poi nel 2021 viene indirizzato a iniziare un percorso al centro Careggi (Firenze), finito di recente nel mirino del governo. Qui viene seguito da un’equipe, composta da uno psicologo e un endocrinologo, che lo guidano nel percorso e consigliano ai genitori e al ragazzo stesso di iniziare una terapia bloccante della pubertà.


I farmaci bloccanti la pubertà

Attualmente, per i minori che vivono una condizione di sofferenza determinata dal veder sviluppare caratteristiche associate a un sesso in cui non ci si riconosce, i medici prescrivono i farmaci bloccanti della pubertà. Il più noto è la triptorelina che – come segnalano gli esperti – è reversibile e aiuta i giovani a ridurre lo stato di disagio e a prendere tempo. La prescrizione di questi farmaci avviene solo a seguito del consenso dei genitori. E così è stato anche per il figlio della coppia in questione. Entrambi i genitori erano d’accordo su questo, ma un anno dopo l’inserimento del figlio al Careggi si è acceso un conflitto tra la madre e il padre in merito alle scelte sanitarie riguardanti il figlio.


Le due cause parallele

Come racconta a Open l’avvocata Cristina Polimeno, che nel 2021 riceve mandato da entrambi i genitori per seguire il cambio anagrafico del figlio, il percorso legale intrapreso dalla famiglia si sdoppia. Quanto ai farmaci bloccanti della pubertà, «il padre ha dato il consenso in un primo momento e, in un secondo momento, lo ha negato, generando grande dolore e confusione nel figlio». Stando a quanto riferito dall’avvocata, le motivazioni del padre riguardavano la sua volontà di impedire al figlio qualsiasi terapia medica o farmacologica, non solo quella relativa all’incongruenza di genere come riportato in precedenza. Da qui la decisione della madre «di fare ricorso in tribunale per poter avere la potestà esclusiva sulle scelte sanitarie del figlio». «Nel 2022 – prosegue Polimeno – arriva l’udienza e il giudice, dopo aver confrontato le argomentazioni dei genitori e sentito il minore, accoglie il ricorso della madre». Quest’ultima riesce quindi a far sì che il figlio possa assumere il farmaco bloccante della pubertà, permettendo così – come si legge nella sentenza – «l’acquisizione di un migliore sviluppo psicologico e la piena armonia con il proprio corpo».

[L’articolo è stato modificato in data 13 febbraio a seguito della richiesta di rettifica ricevuta dalla dottoressa Cristina Polimeno]

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