Maxi-truffa Tim, sequestri per 250 milioni di euro: suonerie, oroscopi e giochi attivati indebitamente agli ignari utenti

L’inchiesta ruota attorno all’azienda di telecomunicazione, che non risulta indagata: nel mirino i cosiddetti servizi Vas, quelli a pagamento

Duecentocinquanta milioni di euro a Tim, altri 70 a cinque società di servizi di telefonia: è questo l’ammontare del sequestro autorizzato dal giudice per le indagini preliminari, che a Milano ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri Francesco Cajani ed Eugenio Fusco. La Guardia di finanza ha già notificato il decreto di sequestro per un totale di 322 milioni di euro. Il provvedimento è stato emesso nel secondo filone di indagine su una presunta maxi-truffa messa in piedi da alcune società che operano nelle telecomunicazioni. Nel 2018 un’inchiesta analoga riguardò WindTre, che come Tim non era indagata. All’epoca fu rilevata una truffa di circa 99 milioni di euro, e oltre al processo di primo grado per l’imputazione di tentata estorsione contrattuale, di cui si deve ricelebrare l’udienza preliminare, si arrivò a a sette patteggiamenti, una restituzione di 18,5 milioni di euro e rilevanti sequestri per oltre 23 milioni. Questo secondo filone di indagine riguarda invece i Vas, servizi premium a pagamento attivabili sulla propria Sim, di Tim. L’azienda non è indagata, sono invece indagate 20 persone tra le quali alcune che all’epoca erano dipendenti presso l’azienda di telefonia, ma non ai vertici. La Procura ha messo nel mirino anche le società, con sedi a Milano, Roma, Torino e Madrid, che avrebbero realizzato e lavorato per la vendita dei servizi aggiuntivi a pagamento e non richiesti dai clienti.


Come funziona l’attivazione indebita

Secondo l’accusa, dal 2017 al 2019 sono state attivate sulle sim di ignari utenti dei servizi a pagamento, come giochi, suonerie e oroscopi, al costo giornaliero irrisorio e quindi più difficilmente intercettabile. Nel caso di WindTre, i pm stabilirono che si trattò di circa 30-40mila attivazioni al giorno per un costo di 5 euro a settimana. Nel caso di Tim, l’accusa sostiene che le attivazioni diventassero operative automaticamente. Era «sufficiente visitare una pagina web o consultare un app con il proprio cellulare, talvolta con l’inganno di fraudolenti banner pubblicitari e, senza far nulla (cosiddetto ‘O-Click’), per ritrovarsi istantaneamente abbonati a servizi che prevedono il pagamento di un canone settimanale o mensile», ha spiegato il procuratore Marcello Viola.


In aula, come riferisce il Corriere della Sera, è stato ascoltato un testimone che all’epoca era un ingegnere della security di Tim: «Ci rendemmo conto che le numerazioni attive con servizi premium su apparati M2M – Machine To Machine, non sulle sim dei telefonini ma verso altri apparecchi, come quelli della domotica – erano più di 100mila. Non so dare una risposta sul perché». Un meccanismo in piedi almeno dal 2017 e fino al settembre 2019. Tra settembre e ottobre 2018 poi, la Procura ha ricostruito che fu operato un blocco temporaneo delle attivazioni indebite per quattro settimane: la successiva ripresa, sostiene l’accusa, è la prova che si trattò di una «precisa scelta commerciale, anche perché, appena Tim aveva voluto, c’era stato il blocco delle attivazioni fraudolente, ma pure un azzeramento di attivazioni che evidentemente non conveniva neanche all’operatore telefonico». Secondo la Procura poi, Tim ha dimostrato di prendere a cuore l’attivazione prestando due esposti solo dopo che l’Agcom aveva avviato la sua attività ispettiva.

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