L’articolo dei ricercatori cinesi scritto con ChatGPT. Beffata la rivista scientifica: «Dobbiamo capire cos’è successo»

Una parte della risposta del software non è stata cancellata, tradendo l’uso del chatbot. Le dure lezioni (per tutti) dello scivolone di Elsevier

«Certo. Ecco una possibile introduzione per il tuo argomento». Questa è la frase che fino a poche ore fa si leggeva nell’abstract di un articolo scientifico apparso sulla rivista scientifica Surfaces and Interfaces, di Elsevier, casa editrice olandese specializzata nella pubblicazione di testate in ambito medico e scientifico. La frase lascia pochi dubbi: gli autori dell’articolo hanno utilizzato ChatGPT o un altro modello di linguaggio basato sull’intelligenza artificiale per scrivere l’introduzione. Ciò non implica che questa sia errata. Ma tra le regole che i ricercatori devono rispettare per pubblicare con Elsevier vige quella di indicare esplicitamente se nella redazione dell’articolo sono stati utilizzati strumenti di intelligenza artificiale. Inoltre, la presenza della frase nella prima riga dell’abstract solleva dubbi sulla (apparentemente scarsa) meticolosità adottata nella peer review dell’articolo. Inoltre, evidenzia la pressione a cui sono sottoposti i ricercatori, spesso obbligati a pubblicare moltissimi articoli all’anno.


«Stiamo indagando per capire come sia successo»

La peer review è il processo con il quale i ricercatori analizzano il lavoro altrui per assicurarsi che sia stato svolto correttamente, garantendo l’affidabilità della pubblicazioni scientifiche, distinguendole da quelle meno credibili. Nel caso di Elsevier, «le nostre politiche chiariscono che i Large Language Model (LLM) possono essere utilizzati nella stesura di articoli purché sia dichiarato dagli autori al momento della presentazione. Stiamo esaminando questo articolo e stiamo discutendo con il team editoriale e gli autori», ha scritto la casa editrice in un post su X (ex Twitter), in merito all’articolo di Zhang et al. frutto del lavoro di ricercatori e ricercatrici dell’Università di Pechino e di quella di Hangzhou intitolato: The three-dimensional porous mesh structure of Cu-based metal-organic-framework – aramid cellulose separator enhances the electrochemical performance of lithium metal anode batteries.


Publish or perish

Inoltre, come puntualizzato anche dal divulgatore scientifico Ruggero Rollini, la svista nell’introduzione potrebbe essere un sintomo del fenomeno noto con la locuzione publish or perish. Tre parole che descrivono un sistema di pressioni, incentivi e disincentivi a cui spesso i ricercatori sono sottoposti e che li spingono a pubblicare il maggior numero possibile di articoli, anche a detrimento della qualità di questi ultimi. Nello specifico, al fine di ottenere citazioni e prestigio, università, centri di ricerca e riviste scientifiche possono spingere i ricercatori a scrivere continuamente articoli, sperando che la mole di pubblicazioni aumenti il loro peso nella comunità accademica. L’altro lato di questa medaglia è il focus che si sposta dalla ricerca vera e propria, per posarsi sulla scrittura. Anche quando non ci sarebbero sufficienti contenuti per giustificare la pubblicazione di un nuovo articolo.

Leggi anche: