Tra genitori e alunni dell’istituto di Pioltello che chiude per il fine Ramadan: «Questa è già la nostra normalità»

All’uscita di scuola i ragazzi e i loro familiari commentano la decisione dell’Istituto di sospendere le lezioni per la festa di Eid-El-Fitr. Mentre gli insegnanti e il dirigente confermano la linea del silenzio dopo le minacce ricevute

Alle 16.30 suona l’ultima campanella della giornata nell’Istituto comprensivo Iqbal Masih di Pioltello, in provincia di Milano. I bambini della primaria raggiungono genitori, nonni, zii nell’area antistante la scuola. Il primo giorno della settimana è andato, gli studenti possono rincasare. La polemica per la chiusura fissata il 10 aprile, la festa di Eid-al-Fitr, per permettere agli alunni musulmani e alle loro famiglie di celebrare la fine del Ramadan non li tocca. «È soltanto un giorno, non capiamo quale sia il problema», dicono increduli cinque ragazzi di prima e seconda media seduti su una panchina all’esterno dell’edificio. Il messaggio corale è che «non ci sia niente di male a fermare le lezioni». Un giorno extra di festa, nulla di più. La polemica, dicono, sta tutta fuori. «È roba da grandi», ironizzano. Si infila tra i banchi della politica e rimane aggrappata a discorsi molto spesso scollati dal contesto. Se si fosse addentrata più a fondo, si sarebbe accorta della realtà che vivono tutti i giorni nell’Istituto. Lo sottolinea il dirigente, Alessandro Fanfoni, che si è chiuso nel silenzio per paura delle «minacce e degli insulti» che sta ricevendo «dopo aver messo in atto una delibera degli organi collegiali vissuta con tutta tranquillità», ribadisce a Open. Lo confermano la maggior parte dei genitori, mamme e papà che si sono visti arrivare l’ondata di popolarità non richiesta.


«La politica dovrebbe occuparsi delle scuole che cadono a pezzi»

Davanti ai cancelli ci sono due mamme siriane, in Italia da oltre trent’anni, che hanno lottato «per abbattere le divisioni e integrarsi nel contesto cittadino», ci raccontano. «Si potrebbe parlare di tantissime altre cose, molto più grandi di un giorno di festività, che non funzionano: delle scuole che cadono a pezzi, delle aule fatiscenti dove studiano i nostri figli – spiega una di loro -. Dell’economia in ginocchio, della mancanza di sostegni economici per le famiglie in difficoltà», incalza. E, invece, «la politica cosa fa? Polemizza per un giorno di chiusura. Il dirigente scolastico – continua – aveva la possibilità di aggiungere dei giorni di chiusura e lo ha fatto. Se avesse scelto la data del Ringraziamento, o Halloween, nessuno sarebbe intervenuto. Chi ha, o deve avere, il potere di esprimersi deve conoscere il contesto», conclude. E il contesto parla da sé: si vede nelle vie del comune del Milanese dove il numero dei residenti stranieri supera il 20 per cento. E all’interno dell’Istituto dedicato al bimbo pakistano divenuto un simbolo della lotta alla schiavitù minorile dove il 40 per cento, su un totale di 1300 ragazzi (suddivisi in tre plessi: due scuole dell’infanzia, tre primarie, una media), è di fede islamica. Di qui, la decisione di serrare i cancelli per la fine del Ramadan. D’altronde, gli altri anni gli insegnanti – che hanno deciso di seguire la “linea del silenzio” come il loro superiore – si ritrovavano con le classi semi-vuote.


Genitori e nonni si scontrano sulla chiusura

I genitori degli studenti hanno opinioni contrapposte. Ma gran parte di loro, a prescindere dal credo religioso, difendono la scelta di Fanfoni. «Io sono d’accordo con il dirigente. Non sono né cattolica, né musulmana – dice un’altra mamma all’uscita di scuola -. Ma se i nostri bambini stanno a casa a Natale o Pasqua, è giusto venga rispettata anche la celebrazione per la fine del Ramadan. E poi si tratta di un solo giorno». «Sono contenta della decisione – afferma invece una nonna pioltellese -. I musulmani rispettano i nostri 15 giorni di festa a Natale, noi dovremmo rispettare i loro». Di diverso avviso altri due nonni lombardi, seduti davanti al cancello dell’Istituto. «Nostra nipote spesso torna a casa affamata perché la costringono a mangiare cose che non le piacciono, tipo il cous-cous. Dovrebbero garantire menù diversi per gli alunni», sottolinea la nonna. «Non è solo il 10 aprile, qui ci sono altre problematiche. Da un po’ di anni Pioltello non è più lo stesso», interviene il marito.

A sollevare le polemiche è stata l’eurodeputata Silvia Sardone della Lega, che ha bollato la decisione del collegio docenti «preoccupante», mentre per il vicepremier Matteo Salvini si tratta di «una scelta inaccettabile, contro i valori, l’identità e le tradizioni del nostro Paese. Non è questo il modello d’Italia e di Europa che vogliamo», si legge su X. Per la sindaca dem di Pioltello, Ivonne Cosciotti, è invece «un atto di civiltà». A porre fine alla polemica sarà una verifica decisa dal ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara, che ha invitato tutti a «una maggiore serenità», spiegando che «le scuole non possono stabilire nuove festività». Ma sarà comunque «l’ufficio scolastico regionale – continua il ministro – a valutare se le decisioni prese dall’istituto siano coerenti o meno con la legge». E mentre il mondo là fuori dibatte sulla chiusura, con la politica che duella a colpi di tweet da una parte e i genitori che si scontrano sulla vicenda dall’altra, gli studenti, ignari o consapevoli che siano, nel piazzale antistante la scuola continuano a giocare (insieme).

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