Elly Schlein chiude alla candidatura di Ilaria Salis alle Europee: «Vicenda troppo delicata, teniamola fuori»

Il chiarimento della segretaria del Pd dopo l’incontro con il padre dell’insegnante in carcere a Budapest

Elly Schlein smentisce l’ipotesi di una candidatura di Ilaria Salis tra le fila del Pd alle prossime elezioni europee. La segretaria del partito è intervenuta a Cinque minuti, su Rai1, dopo le indiscrezioni circolate nelle scorse ore riguardo la presunta presentazione in lista della donna attualmente in carcere a Budapest. «Questa ipotesi non è in campo. Non c’è in corso nessuna trattativa», ha spiegato Schlein. Che nelle scorse ore aveva incontrato il padre di Ilaria Salis: colloquio che aveva alimentato le voci ora smentite. «Ho voluto incontrare il padre di Salis per discutere come possiamo aiutare a toglierla dalla condizione in cui si trova – ha precisato Schlein -. Nel dibattito sul totonomi terrei fuori una situazione delicata come questa». Il padre di Salis aveva dichiarato ieri all’HuffPost che se sua figlia si candidasse e non venisse eletta, «sarebbe un grave errore, in Ungheria la massacrerebbero». E al Foglio oggi ha detto che Schlein avrebbe «gestito male» la comunicazione, rivelata da Repubblica la settimana scorsa.


Il parere di Zingaretti

Qualche giorno fa l’ex segretario Nicola Zingaretti, oggi deputato e presidente della Fondazione Demo, aveva commentato positivamente la figura della docente. «Quello che sta passando – ha dichiarato – è una vergogna, e facciamo bene a tenere alta l’attenzione denunciando l’oscena subalternità del governo. Per quanto riguarda la candidatura, è una valutazione che spetta a lei, alla sua famiglia e al gruppo dirigente del Pd: tutto il resto è rumore di fondo. Perché si tratta di una situazione delicata, da trattare con prudenza e non gettare nel tritacarne. Io non so cosa possa comportare la candidatura per la sua situazione, ma se può esserle utile mi chiedo: perché no?».


In caso di candidatura cosa succede

Su questa candidatura e sulle possibili conseguenze Open ha sondato l’ipotesi con Francesco Clementi, professore di Diritto pubblico italiano e comparato all’Università La Sapienza di Roma e direttore del master in Scienze elettorali e del governo nel medesimo ateneo. «Se divenisse parlamentare europea – ha spiegato – questo non soltanto le consentirebbe di godere delle immunità che l’ordinamento italiano riconosce ai parlamentari italiani, ma anche evidentemente di essere esente, ai sensi dell’art. 9 del medesimo Protocollo che le ho citato, da ogni provvedimento di detenzione o sottoposizione a procedimento giudiziario in un altro Stato membro differente dall’Italia. Tuttavia questa immunità, va ricordato, non è assoluta, senza limiti».

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