Le pensioni costano troppo: stop alle uscite anticipate nel 2025?

Nel 2024 la spesa a carico dello Stato ha superato i 337 miliardi ed è destinata a crescere. A pesare sono soprattutto andamento demografico, inflazione e l’eredità di Quota 100

Ci sono poche certezze sul documento di economia e finanza (Def) appena approvato dal governo Meloni. Una di queste è che difficilmente il prossimo anno ci saranno nuove proposte di pensionamento anticipato. A scriverlo è il Messaggero, che oggi fa un’analisi dell’impatto della spesa pensionistica sui conti pubblici. Nel 2024 lo Stato spenderà complessivamente 337,4 miliardi di euro. Una cifra destinata a salire: 345 miliardi nel 2025, 368 miliardi nel 2026 e via dicendo. Ed è per questo, scrive il quotidiano romano, che sarà molto difficile vedere dal governo nuove proposte per andare prima in pensione. A maggior ragione se si considera che il Def appena approvato dall’esecutivo non contiene dati programmatici proprio per non rischiare di fare promesse a vuoto.


Il problema delle pensioni in Italia

Sono essenzialmente tre i motivi per cui il sistema pensionistico italiano si sta facendo via via più insostenibile per le casse dello Stato. Il primo ha a che fare con l’andamento demografico: lungo la Penisola ci sono sempre più pensionati e sempre meno persone in età lavorativa, il che crea uno squilibrio. Il secondo motivo ha a che fare con il ritorno dell’inflazione. Per circa un decennio, gli importi degli assegni pensionistici sono rimasti tutto sommato invariati perché l’inflazione era appena percettibile. La fiammata dell’aumento generalizzato dei prezzi che ha fatto seguito alla pandemia ha cambiato però la situazione, costringendo il governo a rivalutare le soglie minime degli assegni. Infine, ci sono tutti quegli «scivoli» introdotti negli ultimi anni da governi di vario colore per uscire dal lavoro in anticipo rispetto ai 67 anni previsti dalla riforma Fornero nel 2011.


L’eredità di Quota 100

A pesare, scrive il Messaggero, è soprattutto Quota 100, introdotta nel 2019 dal primo governo di Giuseppe Conte, sostenuto da Movimento 5 Stelle e Lega. La misura ha permesso di lasciare il lavoro con 62 anni di età e 38 di contributi. Il risultato è che nel quinquennio 2019-2023 la dinamica di aumento della spesa destinata alle pensioni è praticamente raddoppiata rispetto ai nove anni precedenti (2010-2019). C’è infine un ultimo parametro da tenere in considerazione: l’andamento della spesa primaria netto è diventato di recente l’unico parametro preso in considerazione dalla Commissione europea per vigilare sui conti pubblici dei governi e valutare eventuali procedure di infrazione. E ad oggi le pensioni rappresentano di gran lunga la voce più ingombrante di quel capitolo di spesa.

In copertina: Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi (ANSA/Ettore Ferrari)

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