Regionali Basilicata, i leader del centrodestra riuniti a Potenza. Tajani: «Berlusconi sta guardando il comizio da lassù»

Salvini promette che, nei prossimi mesi, arriveranno «3 miliardi» dal suo ministero per «sistemare le strade lucane». Meloni: «L’autonomia serve a responsabilizzare la classe dirigente, soprattutto al Sud»

È l’ultimo dei comizi, quello del centrodestra unito in Basilicata, prima che scatti il silenzio elettorale. Domenica 21 e lunedì 22 aprile si vota per scegliere il prossimo presidente della Regione. E i leader dei partiti che compongono la maggioranza di governo sono tutti insieme, a Potenza, per sostenere l’elezione dell’uscente Vito Bardi (supportato anche da Azione e Italia Viva). Uno dei momenti che raccoglie l’acclamazione del pubblico ai piedi del palco è quando Antonio Tajani cita il nome di Silvio Berlusconi: «L’Italia non cresce se non cresce il Sud e il Sud non cresce se non cresce la Basilicata. Bisogna aumentare le pensioni minime a mille euro, è un impegno che abbiamo preso e che ci ha chiesto Berlusconi fino all’ultimo giorno della sua vita. È un desiderio che nel suo nome vogliamo realizzare insieme. Ci sta guardando, è seduto là, sta seguendo il comizio anche lui». Prima del leader di Forza Italia, in ordine di apparizione, intervengono sul palco Lorenzo Cesa dell’Udc e Gianfranco Rotondi della Dc. Dopo di loro, Maurizio Lupi di Noi moderati, che difende la riforma dell’autonomia differenziata: «L’autonomia non significa voler staccare il Paese. È cercare di renderlo ancora migliore, perché il Sud e il Nord possono viaggiare allo stesso modo».


Poi è la volta del candidato Bardi, che ringrazia i leader nazionali arrivati a Potenza è accusa la sinistra di «utilizzare le fake news» per criticare il governo regionale, da lui guidato, e l’esecutivo nazionale. È il momento dei partiti più grandi. Tajani è il primo: «La dimostrazione del buon governo di Bardi sta nelle molte liste che lo sostengono. I confini si allargano, il vero campo largo è il centrodestra, sempre più forze si alleano a noi», in riferimento al sostegno che il governatore ha ottenuto da Carlo Calenda e Matteo Renzi. Tocca alla Lega. «Prima la Basilicata, prima la Lucania» è lo slogan con cui Matteo Salvini sceglie di concludere il suo intervento. Nei passaggi precedenti, il vicepremier e ministro dei Trasporti fa anche una promessa relativa al suo dicastero: «Nei prossimi mesi investiremo 3 miliardi per sistemare le strade in Basilicata e almeno il doppio per le ferrovie. A sinistra si ricordano della Basilicata la settimana prima delle elezioni». Ribadisce che il governo andrà avanti per tutti e cinque gli anni di legislatura, «si mettano l’anima in pace Giuseppe Conte ed Elly Schlein», e alza il livello dello scontro con argomenti che non riguardano la Regione.


«La donna non è un bancomat a pagamento. L’utero in affitto è un crimine». E ancora: «Non esistono genitore 1 e genitore 2». Salvini ne ha anche per l’Europa: «Vuole costringerci ad andare in giro con le auto elettriche cinesi». «A Bruxelles vogliono tassare la casa». Infine, strizza l’occhio ai pacifisti: «Sulle Europee, chi sceglie la Lega fa scelte precise: sceglie la pace, malgrado i venti di guerra fra Ucraina e Iran. Che il 2024 sia l’anno della pace non della guerra come sostiene qualcun altro». Chiude il comizio unitario la presidente del Consiglio. Anche Giorgia Meloni, come chi l’ha preceduta, non si nasconde dal tema dell’autonomia, scottante principalmente nelle regioni meridionali. «La sinistra dice che il governo abbandona il Sud. Figuratevi se io, che credo nell’Italia più di ogni cosa, potrei lasciare metà di questa Nazione indietro. Hanno sbagliato interlocutore. L’autonomia differenziata è oggetto di continue fake news. Il presupposto è l’individuazione dei Lep. C’è stato un divario e siamo noi che lo stiamo combattendo».

«L’autonomia differenziata non vuol dire che io levo a una Regione per dare a un’altra, significa che se io ho una regione virtuosa io Stato posso valutare di dare nuove competenze da gestire. Dà qualcosa al Mezzogiorno: la responsabilizzazione della sua classe dirigente, che è qualcosa che serve. Non mi stupisce che quelli che si scagliano contro l’autonomia differenziata più degli altri sono quelli che hanno i peggiori parametri in Italia». La leader di Fratelli d’Italia rivendica diversi successi del suo esecutivo, tra cui l’aumento dei posti nelle facoltà di Medicina. Stuzzica gli oppositori politici sulle questioni di inclusività linguistica: «la parità non si costituisce chiamandomi “presidenta”, non me ne frega niente di come mi chiamano». E poi ritorna al tema delle presunte fake news che gli avversari diffonderebbero per attaccarla: «Hanno detto che volevamo abolire la par condicio, mettere i giornalisti in galera, che volevamo abolire la 194, tutte falsità».

«La cosa dei giornalisti in carcere è bellissima: ho letto “la Meloni vuol mandare i giornalisti in carcere”. In pratica c’è una proposta per togliere il carcere ai giornalisti a firma di un parlamentare di FdI, stiamo togliendo il carcere ai giornalisti. E siccome un senatore di FdI ha presentato un emendamento per dire “manteniamolo per i casi gravi”, allora noi siamo per mandare in carcere i giornalisti. Sono falsità spudorate. Ma non funziona perché i cittadini sono più informati di quanto sembra». Per Meloni, in sintesi, «l’Italia sta diventando la capitale mondiale delle fake news». Il suo governo, dice, ha fatto di più degli esecutivi di centrosinistra «tenuti insieme con lo scotch». Quel centrosinistra che, a suo dire, avrebbe «privatizzato la sanità con medici gettonisti», che «simpatizza con chi aggredisce gli agenti». E conclude con una promessa: «È fondamentale sapere che c’è consenso e entusiasmo, che si fa per qualcuno, questa vita non si può fare per se stessi – la vita politica -. Finché il popolo italiano me lo chiederà, non mi risparmierò per questo lavoro».

Il video integrale del comizio

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