«L’alpinismo inquina e l’Himalaya è una discarica, ma io la ripulirò»

La missione dell’alpinista green Matteo Della Bordella

Matteo Della Bordella, 39 anni di Varese, vive in canavese con la compagna Arianna Colliard. È un accademico dell’alpinismo. Oggi a Repubblica dice che «andare in montagna è sempre un compromesso tra l’osare e il rinunciare. Se non osi, non vai da nessuna parte. Ma a volte non puoi spingerti oltre. Bisogna saper rinunciare, saper calcolare. È una delle cose più affascinanti dell’alpinismo». Ma soprattutto gli sta a cuore l’ambiente. L’Everest è sommerso dai rifiuti di centinaia di spedizioni: Bombole, tende, attrezzature abbandonate. «Io credo in un modo più naturale di scalare, ed è quello che non lascia tracce. Sono cresciuto con l’idea che meno aiuti e meno tecnologia hai, più avvalori la tua salita e la tua esperienza, che è un confronto diretto tra te e la montagna. Poi, la prima volta che mi sono trovato sulla testa il compressore…».


Corde, elicotteri, trapani

Secondo Della Bordella «se ti fai aiutare dalle corde fisse, dalle guide, dall’elicottero, dai trapani… Così molte montagne sono state sporcate, nel tempo». Però si possono pulire: «Lo stiamo facendo con Massimo Faletti, nel progetto Climb&Clean. È un movimento trasversale a tutto il mondo. Lo facciamo sulle falesie, in modo da coinvolgere più gente. Sennò diventa una cosa elitaria, come è la montagna». Anche perché i giovani alpinisti sono «più oltranzisti di me e della mia generazione millennial, che ha un sentimento di rigetto verso certe pratiche. Uno di 25 anni pensa già che non bisogna prendere gli aerei, per raggiungere un posto. Io ho il mio compromesso: la mia quota di Co2 la brucio in aereo. Del resto, le Alpi sono ormai rovinate da funivie, rifugi, elicotteri. L’Himalaya? Non è messo bene. È la montagna a portata di tutti, anche di chi non capisce niente, dove ogni mezzo è valido. In Patagonia ci vanno solo gli alpinisti, per fortuna».


Leggi anche: