Trasformare van in case, la storia dei Ringos around: «Sistemi brevettati per non preoccuparsi dell’energia» – Il video

Siamo andati a trovare Hind e Michele nel loro cantiere alle porte di Torino dove realizzano veicoli per vivere o viaggiare. Una passione iniziata durante la pandemia

Per casa un van arredato, per tetto il cielo. Da qualche anno il desiderio di una vita on the road è tornato di tendenza. Complici la pandemia, i lavori precari, i domicili mai fissi nel tempo, l’aumento del costo della vita. Sempre più giovani anche in Italia, che ha una cultura del van molto meno approfondita di altri paesi europei, decidono di sperimentare una modalità di viaggio diversa, un nuovo stile di vita nomade. I vanlifer spopolano sui social network con videoclip di consigli, panorami mozzafiato, scene di vita quotidiana. Molto spesso nascondendo, però, gli aspetti più scomodi e problematici. Il primo a utilizzare l’hashtag #vanlife fu nel 2011 il fotografo Foster Huntington, che lasciò il suo lavoro da Ralph Lauren per vivere una vita in furgone. Da allora, su Instagram l’hype generato dai social per la van life è enorme. I post con quest’etichetta sono circa 16 milioni: fotografie e video che raccontano l’esperienza sulla strada e spiegano come cominciare, volendo, a cambiare vita e trasformare un veicolo in una vera e propria casa a quattro ruote.


E in questo mare magnum di contenuti c’è chi invece è riuscito a fare della passione per la van life un vero e proprio mestiere. Hind e Michele, sui social i «Ringosaround», una coppia torinese di 26 anni, camperizzano van e veicoli 4×4 autonomi. Insieme hanno viaggiato «in lungo e in largo fino alla svolta: il viaggio che ci ha cambiato facendoci scoprire l’amore per la vita in van». Così, hanno deciso di investire tempo, risorse e molti risparmi nella trasformazione di furgoni in vere e proprie case su quattro ruote «dotate di sistemi all’avanguardia che permettono di viverci full time, con tutti i confort di un’abitazione», raccontano a Open, che li ha raggiunti nel loro cantiere alle porte di Torino. «Una cosa che ci piace fare è utilizzare gli stessi accessori che utilizzeremo in casa. Questo perché nel caso in cui qualcosa si dovesse rompere in Spagna, in Danimarca, in Turchia o in Cina, la puoi reperire ovunque», spiega Hind. I motivi che spingono le persone, dai giovani ai pensionati, a cambiare il proprio stile di vacanza o di vita in modo così radicale sono svariati. A mutare è, però, la richiesta: «inizialmente il camper veniva utilizzato per andare in vacanza – raccontano -. Invece adesso, soprattutto dopo la pandemia da Covid-19, c’è tanta richiesta da parte di persone che continuano a lavorare in smart working e quindi a vivere viaggiando».


Libero sfogo alla creatività

Il loro motto? «Il camper è come la casa», quindi i van che trasformano – a partire solitamente da veicoli usati di seconda mano – devono avere «tutte le comodità che abbiamo nelle nostre abitazioni. Non esiste che ti trasferisci in camper e devi rinunciare a qualcosa, in primis all’autonomia energetica, ovvero il fatto di non dover pensare: “Ah ma adesso se accendo il phon, se accendo l’induzione poi non posso fare niente perché va tutto in blackout”», spiegano i Ringos. «Ciò non deve accadere – continuano -: i sistemi sono studiati per permettere di vivere senza doversi preoccupare minimamente dell’energia. Grazie al fotovoltaico e ad altri sistemi che abbiamo brevettato (come quello per ottenere acqua calda infinita senza boiler, ma attraverso uno scambiatore di calore). Quindi al di là dei fuochi a induzione – cosa che è un po’ ancora un’innovazione in questo settore – permettiamo ai nostri clienti di avere forno, microonde, lavastoviglie, lavatrice, acqua calda, cose che ancora oggi, a tutti i camperisti, suonano un po’ strane! Quando glielo dici, rispondono: “Com’è possibile?”». I soldi necessari ad allestire un furgone cambiano di progetto in progetto. «Il costo è molto variabile – dice Michele -. Basti pensare che gli immobili sono su misura e il loro prezzo può variare moltissimo».

I clienti si fidano di loro, spesso lasciano ai Ringos la possibilità di dare libero sfogo alla creatività. «Dopo aver chiare le loro esigenze, solitamente ci lasciano carta bianca», confidano. E alla consegna di ogni veicolo, dopo circa due mesi dall’inizio del lavoro, Hind e Michele accompagnano i neo-proprietari del van per le strade del Piemonte: «Un week-end per testare il veicolo insieme», racconta Hind. «Che siano veterani del campeggio o completi profani poco cambia – precisa -. Cuciniamo e mangiamo assieme, mettiamo sotto sforzo l’impianto per mostrare al cliente fino a dove si potrà spingere». Si prova l’acqua calda (infinita), quella fredda, la doccia, il riscaldamento, carico e scarico dell’acqua. «Si devono abituare agli impianti che creiamo, ai sistemi che adottiamo poiché sono diversi rispetto a quelli che si trovano nei camper in commercio», affermano i Ringos. 

Ma vivere in un van può essere una scelta sostenibile?

Viaggiare in modo ecologico e ridurre l’impatto ambientale è possibile anche in camper, che «ha sicuramente meno impatto di una casa: pensiamo ai metri quadri che dobbiamo scaldare, quindi chiaramente non abbiamo una caldaia. E poi l’implementazione dei pannelli solari, Wc compost, impianto gas free e, pure, la quantità di acqua che viene è utilizzata è inferiore», precisa Michele. «Ogni litro è prezioso in camper», replica Hind. «Dopo aver provato l’esperienza di vivere in van si ha maggiore consapevolezza del consumo di acqua – continua -. Mentre a livello economico c’è da dire che chi si trasferisce in camper, almeno su quelli che realizziamo noi, non ha bollette praticamente, quindi l’unico pensiero che ha è quello del rifornimento dell’acqua, che può durare per un sacco di tempo». 

Il primo van e la passione per la vanlife

E come tutte le storie, anche quella di Hind e Michele ha un inizio. Hanno acquistato il loro primo furgone, Ford Transit H2 del 2000, durante il lockdown. «L’abbiamo camperizzato lungo tutta la quarantena – raccontano -. Tutti lì che impastavano, cercavano la farina nei negozi e noi invece eravamo sempre alla ricerca di legno, colla, tutti i materiali utili per trasformare il nostro primo veicolo», acquistato, poi, da altri vanlifer. «Il camper che deve essere ogni volta il nostro veicolo personale, finisce per farci venire la voglia di fare al suo interno delle modifiche. Lo mettiamo, così, in vendita e ne compriamo un altro. Questo – continuano – ci ha permesso sia di innovarci, sia a quel punto di capire cosa volevamo fare nella vita: camperizzare veicoli». Il loro primo viaggio con un veicolo semi-camperizzato, in Sardegna e a bordo di una Uno Turbo prima serie del 1985, «ci ha fatto capire che la nostra vacanza non ha nulla a che vedere con quella di chi va in un posto, prende un hotel, e va in quel luogo e basta», ci confidano. «Viaggiare in camper, talvolta anche vivere, ti permette di vedere, ma soprattutto di vivere effettivamente il luogo anche perché il viaggio non comincia nel momento in cui arrivi in un determinato posto, ma parte nel momento in cui fai quel passo fuori da casa, diventa quello il viaggio, è il tragitto che diventa parte di quel viaggio», concludono.

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