I fiumi di denaro, la spartizione del porto, il declino di Spinelli e il boom di Aponte. Cosa c’è davvero dietro l’inchiesta dei pm di Genova che ha portato all’arresto di Toti

La concessione trentennale al Terminal rinfuse di Genova era operazione priva di senso economico. Ma nascondeva altro

Circa tre settimane prima dell’arresto di Giovanni Toti a Genova, alle ore 11 del 18 aprile nella sede legale di Ponte Raffaele Rubattino a Genova si è tenuta l’assemblea della società Terminal Rinfuse Genova srl, presieduta da Sabina Cardellini. È la società nel porto di Genova al centro dell’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari il Governatore della Liguria, Giovanni Toti. Quel giorno la società ha approvato il bilancio 2023 che si è chiuso con un utile di 652.665,82 euro e ha deciso di distribuirlo integralmente ai due soci, il gruppo guidato da Aldo Spinelli, che ha il 55% della società, e quello guidato da Gianluigi Aponte, che ne ha il 45%.


Quella proroga trentennale a Spinelli (e Msc) costava più di quel che rendeva

L’utile 2023 del Terminal Rinfuse Genova è stato il più alto degli ultimi anni: nel 2022 era ammontato a 409.076 euro e nel 2021 ad appena 31.559 euro. Magari negli anni immediatamente futuri i conti avrebbero potuto migliorare, e qualche vantaggio sulle rinfuse sarà anche arrivato dalla crisi del canale di Suez che ha complicato la navigazione delle navi porta container. Nell’autunno 2021 però per avere quella proroga trentennale della concessione che è al centro della inchiesta giudiziaria, la Terminal rinfuse Genova si è impegnata a fare investimenti per 55 milioni di euro. Significano in media 1,833 milioni di euro l’anno. E in nessun anno nemmeno nelle previsioni più rosee degli azionisti la società avrebbe mai ripagato quella somma. Era evidente anche solo dalla lettura dei bilanci che quella operazione per cui Spinelli è accusato di avere pagato tangenti (attraverso finanziamenti legali) non aveva alcun senso economico.


Il pressing sulla autorità portuale per ottenere l’allungamento della concessione

Eppure la proroga trentennale della concessione stava a cuore ad entrambi i soci: Spinelli di cui abbiamo letto tutto in queste settimane, ma anche Aponte (patron di Msc crociere, Snav, Gnv e tante altre società e nell’ultimo anno diventato azionista al 50% di Italo treno e nuovo proprietario del Secolo XIX di Genova), che non risulta indagato e di cui per questo si è parlato assai meno. Spinelli è accusato di avere versato al comitato Toti 40 mila euro in contributi legali divisi fra quattro società subito dopo avere ottenuto dalla autorità portuale di Genova la proroga trentennale di quella concessione. Una delle quattro società che versa un contributo da 10 mila euro euro era per altro proprio la Terminal Rinfuse di Genova, di cui era azionista al 45% il gruppo di Aponte.

Il ruolo di Aponte che ottiene più di Spinelli con quella delibera

Il patron di Msc crociere non è restato ai margini di quella proroga trentennale della concessione al Terminal rinfuse di Genova, anzi. Se è Spinelli ad assediare Toti e il presidente dell’autorità portuale, Paolo Emilio Signorini per la durata della proroga che inizialmente sperava fosse di 40 anni, è stato invece Aponte a incidere direttamente sul testo di quella delibera di proroga. Il suo legale, Alfonso Lavarello, riesce a fare inserire nella delibera una clausola che prevede la revoca della concessione in caso di cambiamento d’uso del terminal. Scrivono i magistrati nell’ordinanza: «Nella bozza della delibera di rinnovo della concessione Terminal Rinfuse, in via di elaborazione da parte degli uffici dell’Autorità di Sistema Portuale, era stata effettivamente inserita la clausola in questione, così come suggerita da Aponte tramite Lavarello, finalizzata a consentire all’AdSP di revocare la concessione in caso di mutamenti nella destinazione d’uso del terminal». Sull’autorità portuale, dunque, incide più Aponte di Spinelli per quella delibera. Ed è chiaro perché: non vuole che abbia troppo potere l’ex patron del Genoa, e nei piani di Aponte c’è un secondo passaggio che è ben raccontato nell’ordinanza.

Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale di Genova

Toti sapeva benissimo che la concessione serviva a tutt’altro. «Sei Pinocchio se lo neghi»

Visti i bilanci del Terminal Rinfuse è chiaro che quella concessione non è un affare avendola pagata molto più del suo rendimento annuale. Ma nessuno dei protagonisti pensa davvero che per 30 anni si tengano le rinfuse in quel Terminal. Lo sa benissimo lo stesso governatore Toti che incontrando Spinelli ci scherza su: «Ah ah (ride) … ma non ci crede nessuno. Neanche … ma neanche Pinocchio», ricevendo come risposta dall’imprenditore: «Ma Presidente… ma perché cioè era chiaro … cioè era chiaro era logico che …se noi non diciamo che facciamo rinfuse l’hai capita chi abbiamo contro? … Abbiamo contro tutto il mondo». Il piano in realtà è un altro: ottenere la proroga di 30 anni per le rinfuse, aspettare la costruzione della diga foranea di Genova già approvata dal governo di Giorgia Meloni e inaugurata da Matteo Salvini nel maggio 2023, e poi spostare le rinfuse a Savona e a Genova inserire al loro posto i container. Aponte fa inserire una clausola grazie a cui tutto dovrà essere ridiscusso con l’autorità portuale quel giorno proprio perché Spinelli non diventi il dominus unico del porto di Genova. Fatto questo però i due imprenditori iniziano a lavorare a un loro accordo, tessuto con pazienza proprio da Lavarello. E giungono a una bozza che prevede la divisione fra i due del Terminal Rinfuse e del grosso dei business portuali. Scrivono i magistrati: «Lavarello, esaltando quindi la portata dell’accordo, chiariva che questo non si limitasse esclusivamente a definire la ripartizione del Terminal Rinfuse tra Spinelli e Aponte, ma ponesse le basi per strutturare e consolidare concordemente le posizioni dei due rispettivi gruppi logistici (“Prevede tutto, non la divisione del terminal, prevede tutto, tutto vuol dire tutto, tutto quello che era in sospeso o materia di litigio … accosti, tempi, ingressi, tutto”)».

Quando Spinelli era riverito da tutti e Ciampi festeggiava con lui il Livorno

Aldo Spinelli è stato per decenni il signore dei porti e non solo di quelli a Genova e Livorno. Ha avuto il controllo anche delle squadre di calcio delle due città, e tutti i politici di ogni schieramento lo hanno sempre riverito e cercato quando avevano bisogno di qualcosa. Oggi sembra che non lo conosca più nessuno, ma nella sua bacheca ci sono le foto con tutti i potenti della politica di ogni epoca. Anche quelle con l’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che il 19 settembre 2004 si recò in forma privata allo stadio di Livorno per assistere alla partita con il Chievo e festeggiare il ritorno in Serie A della squadra di calcio. Nelle tribune Spinelli e Ciampi festeggiavano il gol del Livorno (che poi però perse la partita). Ma gli anni passano per tutti, e oggi il vero potente di Genova è diventato Aponte, l’imprenditore della Piana di Sorrento oggi residente in Svizzera che ha costruito quello che oggi è il primo gruppo del mondo di trasporto navale sia di merci che di passeggeri. L’acquisizione di Italo treno è stata pensata anche per Genova, per unire treni, porto e navi. Quella del Secolo XIX immaginata nello stesso contesto ne fa ormai il nuovo Doge della città, anche se il gruppo è mondiale e la residenza in Svizzera.

Tutti i soldi dati a Toti e ad altri partiti dai big del porto di Genova

Tutti i grandi gruppi imprenditoriali hanno finanziato la politica in questi anni, e ovviamente il maggiore beneficiario dal 2015 in poi è stato il governatore della Liguria, Toti, nelle cui mani stava saldamente il potere. Il gruppo Spinelli è ritenuto il suo grande finanziatore e negli anni ha versato o alla fondazione o al comitato elettorale di Toti 89.300 euro, qualche migliaio di euro in più di quelli contestati nell’ordinanza dei pm di Genova. Spinelli che prima donava contributi al Pd, che aveva in mano quella Regione, ha poi finanziato negli ultimi anni anche la Lega con 30 mila euro e il pagamento di una cena elettorale da 900 euro e Forza Italia per 25 mila euro. Non risulta invece nei tabulati ufficiali dei partiti il contributo da lui confessato per la Lista Bonino-Pannella. Spinelli però non era il solo a finanziare i partiti. Non sono molti, ma ci sono anche i contributi del gruppo Aponte: 14.050 euro versati da 4 società al Comitato Toti. Il più generoso finanziatore di Toti è però il gruppo Europam-Black oils (petrolio) che dal 2020 in poi ha versato 305.300 euro. A Toti sono poi arrivati 58 mila euro dal gruppo Amico & C, 50 mila euro dalla Base Genova srl, 45 mila euro dalla Sanlorenzo spa, 30.450 euro dalle Officine Meccaniche e navali San Giorgio, 30 mila euro dalla Pellegrini spa, 17 mila euro dalla Grimaldi holdings e 15 mila euro dal gruppo Messina che aveva finanziato con 10 mila euro nel 2016 anche il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano.

Giovanni Toti con Gianluigi Aponte (Msc)

Leggi anche: