L’Emilia-Romagna si prepara già al post Bonaccini: l’ipotesi Emma Marcegaglia per un centrodestra “allargato”

Anche il centrosinistra è al lavoro per trovare il possibile successore dell’attuale governatore, campione di preferenze alle ultime Europee

L’esperimento Basilicata, quello di un centrodestra allargato a quel che resta del Terzo polo, ha consentito al centrodestra di confermare la Regione. Vito Bardi non sarebbe stato rieletto senza i voti di Azione – che tra i lucani è sinonimo di Marcello Pittella – o senza quelli dei renziani. La stessa operazione potrebbe essere tentata in Emilia-Romagna, per provare a strapparla al centrosinistra. Mai, nella storia, la Regione ha avuto un colore diverso dal rosso. E il prossimo autunno i suoi cittadini andranno al voto per scegliere il successore di Stefano Bonaccini: il presidente del Partito democratico è stato appena eletto a Strasburgo con un record di preferenze al Nord-Est, 389.284. Le dimissioni da governatore sono attese intorno al 10 luglio, poi scatterà la reggenza della vicepresidente Irene Priolo e, tra fine ottobre e inizio novembre, le urne regionali dovrebbero essere aperte. Improbabile che si arrivi a gennaio 2025, scadenza naturale della legislatura emiliano-romagnola.


Lo schema del Pd

Deve ancora iniziare il periodo di transizione di Priolo che già si sta discutendo, nelle stanze bolognesi, chi candidare. Anzi, i ragionamenti sono stati intavolati prima ancora che si disputassero le Europee, certi che Bonaccini avrebbe centrato l’elezione. Le correnti Dem si agitano e i nomi che portano a galla sono almeno quattro. I due più quotati, al momento, sarebbero Vincenzo Colla e Michele De Pascale. Il primo, assessore regionale, è indicato come molto vicino a Elly Schlein. La sua carriera si è svolta in larga parte nella Cgil, partendo dalla Fiom e arrivando alle segreteria nazionale del sindacato. È decisamente più a sinistra dell’area bonacciniana, che invece propenderebbe per il primo cittadino di Ravenna Michele De Pascale. La risposta all’alluvione di un anno fa, ha reso il sindaco 39enne un volto nazionale. È anche presidente dell’Unione delle province d’Italia. Gli altri due nomi chiacchierati, ma con meno chance, sono quelli della stessa vicepresidente Priolo e, sullo sfondo, Graziano Delrio: il senatore Dem, distante da Schlein, si è detto indisponibile per la corsa, ma resta un punto di riferimento del mondo cattolico Pd e in Emilia-Romagna vanta ottimi rapporti con l’influente cardinale Matteo Zuppi.


Il centrodestra ci crede

Se ci sarà l’investitura del candidato di sinistra Colla, il centrodestra dovrebbe tentare la strada già battuta in Basilicata. Carlo Calenda e un po’ meno Matteo Renzi – i suoi attriti con il governo sono cresciuti negli ultimi mesi – potrebbero essere raggiunti da un’offerta di alleanza. Per entrambi sarebbe difficile sostenere l’ex metalmeccanico diventato volto della Cgil e, infine, assessore. A fomentare un possibile accordo concorrono anche gli esiti delle amministrative in corso. Diverse realtà in provincia di Bologna, storicamente di sinistra, sono finite al ballottaggio. Indicativi il caso di Castel Maggiore, che per la prima volta nella sua storia vede disputarsi un secondo turno. Qui una lista civica di under 30, di cui Roberto Vecchioni si è «innamorato», ha fatto arrestare il centrosinistra al 46%. A Casalecchio, un candidato di Azione ha costretto al ballottaggio il Dem Matteo Ruggieri. Secondo turno anche a Pianoro e, a prescindere da come terminino le amministrative, che il vento non soffi più a sinistra è un dato di fatto.

Suggestione Marcegaglia

Tant’è che Ferrara, la città che ha dato i natali a Dario Franceschini, ha riconfermato il sindaco uscente di centrodestra Alan Fabbri, che vince al primo turno con quasi il 60% delle preferenze. Dal dopoguerra a Fabbri, l’elenco dei primi cittadini ferraresi non vedeva altro che rosso. Anche Forlì ormai sembra aver disconosciuto la tradizione di sinistra: i suoi cittadini hanno accordato altri cinque anni di fiducia all’uscente Gian Luca Zattini, un civico sostenuto dalla coalizione di centrodestra. Se questi feudi rossi sono diventati contendibili, perché non può diventarlo la Regione? A Open risulta che se Azione e/o Italia Viva individuassero un candidato forte, il centrodestra di governo valuterebbe seriamente l’ipotesi di sostenerlo. La prima ipotesi sulla quale si sta ragionando è quella di Emma Marcegaglia. Già presidente di Eni e di Confindustria, la sua società ha tre importanti stabilimenti in Romagna. Il suo nome, che sarebbe già stato sussurrato ai vertici di Fratelli d’Italia, rappresenterebbe il modello imprenditoriale da contrapporre eventualmente all’ex capo della Fiom-Cgil, l’assessore Colla.

Gli altri due nomi sul tavolo

In occasione dell’alluvione, il gruppo Marcegaglia si è distinto per la generosità nei confronti del territorio colpito: «ha deciso di devolvere un totale di 1 milione di euro per sostenere sia i territori dell’Emilia-Romagna drammaticamente segnati dalle alluvioni delle scorse settimane sia i dipendenti degli stabilimenti di Ravenna, Forlì e Mezzolara che hanno subito danni gravi alla propria abitazione, automobile o a entrambe», si leggeva in una nota della società. La figura della presidente ne avrà sicuramente giovato. Un altro nome moderato attorno al quale potrebbe nascere un accordo tra centrodestra ed ex terzopolisti è quello di Andrea Cangini. Già senatore, è passato nel 2022 da Forza Italia ad Azione, per poi prendersi una pausa dalla politica. È romano, ma vive a Bologna, dove ha diretto il Resto del Carlino dall’ottobre 2014 al gennaio 2018. Infine, l’ultimo nome che circola negli ambienti di centrodestra è quello di Elena Ugolini, ex sottosegretaria all’Istruzione del governo Monti e preside del Liceo Malpighi di Bologna. Sarebbe, però, una candidatura spifferata da Fratelli d’Italia per mischiare le carte delle trattative.

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