Cessate il fuoco a Gaza, dopo l’ok Onu Blinken ci crede: «Netanyahu è d’accordo» e Hamas apre. Il nodo dei dettagli del piano

Segnali di incoraggiamento dopo il voto del Consiglio di Sicurezza Onu. Ma da Gaza filtrano nuovi messaggi di Sinwar: la morte di civili palestinesi un «sacrificio necessario» che può proseguire

Il segretario di Stato Usa Antony Blinken è da ieri di nuovo in Israele, ennesimo tentativo di spingere un accordo per un cessate il fuoco a Gaza. L’ottavo viaggio in otto mesi dallo scoppio della guerra porterà poi il capo della diplomazia Usa, che ha già fatto tappa in Egitto, anche in Giordania e Qatar. Questa volta però Blinken si muove – per la prima volta – forte di un mandato Onu chiaro e pressoché unanime. Ieri sera infatti al Palazzo di Vetro il Consiglio di sicurezza ha dato il suo sostegno al piano a tappe per una tregua in grado di trasformarsi in vero e proprio cessate il fuoco: si tratta del piano svelato da Biden lo scorso 31 maggio e che secondo gli Usa è stato definito da Israele stesso. Ecco perché la reazione ribadita questa mattina da Hamas ha il potenziale di una svolta. Il movimento fondamentalista «accetta la risoluzione sul cessate il fuoco del Consiglio di sicurezza Onu ed è portano a negoziare sui dettagli», ha detto a Reuters un alto funzionario di Hamas, Sami Abu Zuhri, aggiungendo che è responsabilità degli Usa assicurarsi che lo accetti pure Israele. Immediato la reazione di Blinken, che ha detto di accogliere come un «segnale incoraggiante» la posizione di Hamas, che suona come una delle più esplicite a sostegno di un accordo dall’inizio della guerra, come sottolinea l’Associated Press.


Diavolo nei dettagli

Dall’altra parte Blinken ha fatto sapere stamattina di aver incontrato ieri sera il premier israeliano Benjamin Netanyahu, assicurando che questi «ha riaffermato il suo impegno nei confronti della proposta di accordo per il cessate il fuoco». Il diavolo però – come hanno insegnato mesi di infruttuosi tentativi – sta nei «dettagli» del negoziato cui fa riferimento lo stesso Abu Zuhri, e che hanno spinto ieri sera la Russia ad astenersi prudenzialmente all’Onu. Israele e Hamas stanno veramente dicendosi pronti ad accettare lo stesso piano? Tempi e modi del ritiro delle truppe dell’Idf, di individuazione e riconsegna degli ostaggi, detenuti palestinesi da liberare: su tutti questi aspetti l’equilibrio da raggiugnere è delicatissimo. Senza contare che da entrambi i lati vanno vinte le resistenze delle frange più oltranziste. Da un lato l’ultradestra di Smotrich e Ben Gvir in Israele, pronti a far saltare il governo in caso di accordo che non consenta la «vittoria totale» nella guerra di Gaza; dall’altro l’irriducibile capo di Hamas nella Striscia Yahya Sinwar, che secondo il Wall Street Journal nei messaggi col resto della leadership del movimento continua a ribadire la linea del necessario «martirio» ad oltranza dei palestinesi di Gaza: la morte di decine di migliaia di civili equivale un «sacrificio necessario» nel nome della resistenza ad oltranza di Hamas, che secondo i calcoli di Sinwar «può durare ancora per mesi».


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