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Chico Forti e la storia dell’aiuto delle cosche contro Lucarelli e Travaglio: «Meloni dovrebbe riportarlo negli Usa»

selvaggia lucarelli marco travaglio chico forti giorgia meloni
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Dopo l'inchiesta di Verona c'è imbarazzo in Fratelli d'Italia. Dove si evocano complotti. Intanto il sindacato di polizia penitenziaria protesta per i privilegi del detenuto in carcere

Il detenuto Chico Forti ha smentito di aver chiesto a un altro recluso di «mettere a tacere» Selvaggia Lucarelli e Marco Travaglio. Mentre l’opinionista del Fatto Quotidiano ha detto che quello di mandare sicari contro qualcuno è «il modus operandi» dell’uomo condannato per omicidio negli Stati Uniti. Forti, secondo la ricostruzione di un detenuto del carcere di Montorio a Verona, era arrabbiato con Lucarelli per la frase sul «ritorno da re» in Italia di Lucarelli. Mentre al direttore del Fatto imputava il titolo “Benvenuto assassino” e lo spazio concesso ai criminologi come Marco Strano che hanno fatto a pezzi le tesi innocentiste sull’omicidio di Dale Pike. Del resto, per permettergli di scontare la pena in Italia, i giudici hanno dovuto riconoscere la correttezza della sentenza Usa. Ora anche per la giustizia italiana Chico Forti è un assassino.

Il silenzio della premier

La premier però tace. Giorgia Meloni ha fatto pubblicare (e poi cancellare) la foto con Forti al suo ritorno in Italia e si è esposta in prima persona con il governatore Ron DeSantis per riportarlo a Verona. Adesso l’inchiesta della procura di Verona, per adesso senza ipotesi di reato visto che la minaccia non si è consumata, cambia la prospettiva per Palazzo Chigi. Al suo posto ha parlato la presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo. «Se il fatto fosse vero sarebbe di una gravità inaudita. E Forti avrebbe tradito la fiducia che in tutti questi mesi le istituzioni gli hanno dato», ha detto Colosimo. Dentro Fratelli d’Italia c’è invece chi evoca il complotto. La notizia, secondo gli ortodossi, sarebbe uscita per danneggiare l’operazione di rientro di Forti in Italia. Che però è già avvenuto. E quindi non si capisce in che modo possa rovinarlo.

Il Garante e i sindacati

A meno che le prospettive per il detenuto eccellente dentro FdI non terminassero con il suo sbarco. Ma l’ipotesi di una futura candidatura nel centrodestra ha ricevuto una secca smentita da parte del partito di Meloni. Intanto però Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria (Spp) è andato all’attacco: «Fin dal primo momento ho parlato di una giustizia italiana a due pesi e due misure. All’estero ci sono 2.058 detenuti italiani. Perché per loro non sono stati messi in campo gli stessi sforzi come per Forti? Lui adesso si trova nella cosiddetta sezione degli articoli 21, dove ci sono i detenuti ormai riabilitati, che lavorano. Questo è un privilegio».

I privilegi in carcere

E ancora: «Per un decennio c’è stato un impegno straordinario per riportare Forti in Italia. La vicenda raccontata dalla stampa è gravissima. Se risulteranno accertate le notizie riportate dai giornali e oggetto di un’indagine della Procura di Verona la premier dovrebbe riaccompagnare Forti negli Usa. Come ci siamo impegnati per farlo rientrare, dobbiamo impegnarci per riconsegnarlo». Circostanza irrealizzabile, ricorda Il Fatto, anche per le norme sull’estradizione.

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