In Evidenza Governo MeloniIsraeleBruno Vespa
POLITICABeppe GrilloGiuseppe ConteM5S

Il “basta” di Giuseppe Conte a Beppe Grillo: «La smetta di condizionare i 5 stelle». Ma in Liguria il fondatore potrebbe fare un patto con Orlando

25 Agosto 2024 - 07:36 Redazione
L'intervista dell'ex presidente del Consiglio a Repubblica: «Il simbolo non è del garante. Mi colpisce la sua volontà di porre paletti». Ma in quel di Genova sembra muoversi un altro "campo"

«Io stesso sono rimasto sorpreso della reazione di Grillo considerando che ha sempre predicato il principio fondativo della democrazia dal basso. Ora che questo si realizza, secondo regole chiare e condivise, mi colpisce la sua volontà di porre paletti o predeterminare alcuni risultati». Con queste parole l’ex premier e leader M5S Giuseppe Conte replica al fondatore Beppe Grillo che nei scorsi giorni ha criticato la sua leadership, attaccando alcune ipotesi come quella dell’eliminazione del secondo mandato sugli eletti. L’assemblea Costituente 5 stelle, la prima da quando è stato realizzato il Movimento, rischia di esser ad alta tensione. «Non vedo questo rischio – sottolinea Conte oggi in un’intervista a Repubblica – abbiamo avviato un processo costituente inarrestabile per dare possibilità a tutti di esprimersi su temi e obiettivi strategici del Movimento. In soli quattro giorni sono già pervenuti 8 mila contributi, di iscritti e non iscritti, con varie proposte politiche o di modifica delle regole organizzative». Respinge le accuse di aver trasformato il M5S in un partito personale. «Si tratta di una sonora sciocchezza. Non ricordo che in passato sia mai stata fatta una costituente dal basso con piena libertà di defenestrare anche il leader o approvare indirizzi da lui non condivisi», ha dichiarato. «Grillo – aggiunge – ha assunto precisi impegni contrattuali che lo obbligano a non sollevare mai questioni sull’utilizzo del simbolo da parte del Movimento, che peraltro è già stato modificato più volte ed è registrato a nome dell’associazione del Movimento 5 Stelle e non di singole persone». E torna sul doppio mandato: «Sul doppio mandato è in atto da tempo una discussione che ha già comportato, prima che io arrivassi alla guida del M5S, una modifica della regola. Non voglio in alcun modo condizionarne l’esito, mi limito a registrare che soprattutto in alcune tornate amministrative la regola rischia di svantaggiarci». «Campo largo – precisa poi – è una formula giornalistica che non significa nulla. A me interessa costruire un’alternativa seria a Meloni che ha deluso molti dei suoi stessi elettori».

Conte è per Trump o Kamala Harris?

Tra le domande di politica estera, spunta anche quella legata agli USA e la corsa verso la Casa Bianca. Su questo aspetto Conte è “democristiano”. «Noi, come forza alternativa a Meloni per il governo del Paese, dovremo dialogare con qualunque presidente sarà eletto dai cittadini americani», precisa. E sul fatto che molti considerano la vittoria di Trump una minaccia per la democrazia, replica: «Non condivido, la libera scelta dei cittadini non è mai una minaccia per la democrazia. Anche in Italia è un argomento che non ho mai usato contro Meloni».

Cosa succede in Liguria: Grillo e il patto anti-Conte con Orlando

Secondo quanto riporta oggi il Tempo L’Elevato, per gli amici di San Fruttuoso, non vuole assolutamente un centrosinistra unito intorno a Luca Pirondini. Il senatore pentastellato è uomo di fiducia dell’ex premier e nemico giurato di Grillo. Se vincesse sarebbe la vittoria del movimento romano, non quello delle origini, secondo il quotidiano. «Ecco perché il fondatore s’attiva, con ogni mezzo a disposizione, pur di far saltare il piano dei gialli capitolini. Non a caso la discesa in campo di Nicola Morra, ex presidente dell’Antimafia e tra i pochi ex-onorevoli che hanno criticato apertamente l’attuale vertice a 5 Stelle, avviene nello stesso giorno in cui il centrosinistra sembra essersi convinto sulla bontà di lasciare la guida della battaglia per il dopo Toti a quei giustizialisti pentastellati, che prima dell’ascesa di Meloni, davano le carte a Palazzo Chigi», riporta Il Tempo. E dietro tutto arriva un suggerimento dem: «Dare la presidenza a un Movimento diviso – spiega il quotidiano, riportando le voci di qualche dirigente dem tra i corridoi del Nazareno – significa perdere in partenza. Orlando non piace a tutti, ma almeno è conosciuto».

Leggi anche:

Articoli di POLITICA più letti