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Gabriele Muccino: «Così Sangiuliano ha distrutto il cinema»

09 Settembre 2024 - 05:19 Alba Romano
gabriele muccino gennaro sangiuliano
gabriele muccino gennaro sangiuliano
Il regista all'attacco dell'ex ministro: un uomo dalle piccole qualità

Gabriele Muccino contro l’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Il regista ha pubblicato un post su Instagram per attaccare la legge sui fondi alle opere. Definita «pretestuosa, confusa, incompleta e cavillosa». Oggi spiega a La Stampa che «questo governo porta moltissimi artisti e liberi pensatori all’autocensura, abbiamo visto troppe epurazioni di persone scomode, prima di parlare ci si pensa due volte. Io non ho timori: se non mi facessero più fare film in Italia, andrei a Parigi, in Spagna o in Grecia. Ma le troupe non sarebbero italiane, è questo il punto. Io non parlo per me stesso, ma per un cinema di cui sono appassionato, perché voglio vederlo splendere come merita».

Cosa non va nella legge

Muccino spiega che la legge non funzionerà perché «fondamentalmente sopra una certa cifra – troppo incongruente, visto quello che prendono attori e autori affermati – limita fortemente l’accesso al tax credit per tutto ciò che nel budget è indicato come “sopra la linea” (i costi degli autori, registi e attori, ndr). In pratica con quel tetto lì, se dovessi fare un film in Italia con attori americani, i produttori potrebbero scaricare in Italia ben poco del loro compenso, il che comporterebbe andare a girare il film altrove in Europa, con tutti i vantaggi che c’erano in Italia fino a un anno fa».

La legge precedente

Anche nella legge del ministro Franceschini «c’erano altre falle, era troppo larga la manica di attribuzione del tax credit a produttori “parvenu” che accedevano ai fondi senza avere a cuore l’esito del film, ma solo il maxi ricavo. In altre parole al film lasciavano una minima quota, il resto se lo intascavano. Per questi dieci ladri di galline – i soliti furbetti che arrivano ovunque giri il denaro – hanno deciso di punire l’intero settore. Compresi i cineasti con passione e prestigio internazionale, come dimostrano i premi che continuiamo a ricevere nei festival».

Piccole qualità

Mentre Sangiuliano «si è dimostrato un uomo dalle piccole qualità, in ogni espressione che toccasse l’arte e la cultura, di cui il nostro Paese è da secoli il maggior produttore al mondo. L’ha gestita calpestando tutto con arroganza. Da un’occupazione altissima – non si erano mai visti così tanti set come negli ultimi quattro anni, le major americane si erano trasferite in Italia – a una disoccupazione altissima. Oggi le grandi produzioni scelgono di andare in altri Paesi – penso a Uma Thurman che ha dovuto finire di girare il suo film iniziato a Cinecittà in Canada – ed è un grande danno a tutta la filiera italiana e tutti coloro che ci lavorano, e sono tanti».

Né di destra, né di sinistra

Muccino chiede ora a Giuli «una lungimiranza, uno sguardo costruttivo verso il Paese. Dobbiamo ricostruire un’industria che dà impiego a migliaia di lavoratori che con i loro contributi pagano le tasse e genera un’economia importante anche nelle singole regioni. Basterebbe migliorare la legge Franceschini: il 40% del tax credit era molto invitante, in Spagna sono arrivati al 50%, non c’è paese europeo – dalla Grecia all’Ungheria – che non abbia copiato quella struttura di finanziamento perché il ritorno era esponenzialmente maggiore dell’investimento». E dice di non essere «né di sinistra, né di destra. Ci tengo a mantenermi super partes e dialogare con Giuli, e con il governo Meloni, senza essere a priori etichettato come antitetico ideologicamente, perché sono sempre stato fuori dai salotti e dalle dinamiche di partito. E perché solo così si costruiscono i ponti, il cinema va salvato».

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