Ultime notizie Benjamin NetanyahuConclaveDonald TrumpGazaGiorgia Meloni
ATTUALITÀAlpiniFamiglia AgnelliLapo Elkann

Quando Lapo Elkann fece l’alpino di leva: «Mi chiamavano “agnellino”, ricordo le teglie e i piatti da lavare»

08 Maggio 2025 - 06:22 Alba Romano
Domani avrebbe dovuto presenziare all'adunata. «Sognavo di essere un alpino di truppa, senza privilegi. Mio nonno Gianni, invece, sperava che diventassi un ufficiale»

Lapo Elkann è stato un alpino di leva. «Un’esperienza formativa che mi ha lasciato ricordi meravigliosi e amicizie importanti», ricorda oggi in un’intervista al Corriere della Sera. Domani avrebbe dovuto presenziare alla 96esima Adunata nazionale degli Alpini, che fino a domenica richiamerà a Biella circa 400 mila persone. Ma gli impegni non glielo permettono. Lapo ha fatto la naja con Massimo Massenzio, che oggi lo intervista per il Corriere della Sera. Fra il 1999 e il 2000: «Sognavo di essere un alpino di truppa, senza privilegi. Mio nonno Gianni, invece, sperava che diventassi un ufficiale, ma alla “visita” mi hanno scartato per i tatuaggi. Un colpo di fortuna e così sono diventato una “penna nera”. Car a Belluno, poi a Cuneo, come Peppino Prisco, persona che ho stimato moltissimo, nonostante la differente fede calcistica».

Come Totò

«E come Totò, anche se quella del “Principe della risata” forse è solo una leggenda. Infine l’ultimo periodo a Bousson, in montagna con il gruppo sciatori, sempre nella Taurinense. Di cui sono onorato di aver fatto parte», ricorda. Quando hanno scoperto chi era «il furiere “anziano” non sapeva come scrivere nome e cognome e quando gli ho detto che ero nato a New York era convinto che lo stessi prendendo in giro. All’epoca non mi conosceva praticamente nessuno e in pochi associavano il mio cognome a quello degli Agnelli. Nei primi mesi di naja è stato così ed è stato un vantaggio. Potevo essere uno come tutti gli altri. Poi la voce si è sparsa e non è stato più lo stesso. Qualcuno mi ha preso di mira, c’era un sottufficiale che mi chiamava “agnellino”, ho dovuto imparare a farmi rispettare, ma ci sono riuscito. Fu una grande lezione di vita, la naja ti insegna tanto, le differenze non esistono e a me ha permesso di crescere».

Gerarchie e regole

Lapo ricorda che «c’erano gerarchie e regole, bisognava stare al gioco. Mi hanno “sbrandato”, certo. E quando facevo male il letto — praticamente sempre all’inizio, poi ho imparato — dovevo fare qualche flessione. Però, ripeto, il clima è sempre stato di “fratellanza” e gli anziani, più che nonni, erano fratelli maggiori. I ricordi brutti sono quelli in mensa, invece. Era il servizio più duro, molto meglio marciare in montagna. Una volta ero di turno per tutto il fine settimana. Avrei dovuto fare il piantone, ma non sarei potuto uscire dalla caserma alla sera. Allora cambiai il servizio con un commilitone per andare a vedere una partita di calcio con mio nonno e poi rientrare per il contrappello. Mi toccò lavare decine di teglie incrostate e centinaia di piatti. I “Vueffebì”, come chiamavamo noi i volontari in ferma breve, me li lasciavano sporchi apposta. Avrei voluto reagire, ma non l’ho fatto e questa è stata un’altra lezione. Imparare a fare tutto e sopportare».

Il mortaista

Fare il mortaista per lui ha significato «essere il più alpino degli alpini. Eravamo quelli del Secondo reggimento, battaglione Alpini Saluzzo, 106esima compagnia. Così, tutto d’un fiato. Gli unici che potevano tingersi gli anfibi di nero. Avevo 21 anni e mi emozionavo quando gridavamo “Doi” (due in piemontese, ndr ) schierati sul piazzale. Per me è stato bellissimo, per altri magari no ed è normale che sia così. Mi sono trovato a trasportare pezzi di mortaio su per le montagne, ma la fatica la facevamo tutti insieme. E poi alla sera ci raccontavamo la giornata. Io non ero il figlio di qualcuno o il nipote di qualcun altro. Ero Lapo e basta, con i miei difetti e i miei pregi. Ci sono stati momenti più duri, ma la vita è come l’oceano: un giorno c’è un’onda piccola, un altro grande, e tu devi imparare a surfarci sopra. E anche le cose che non mi sono piaciute mi hanno fatto diventare più forte».

leggi anche