Il cellulare sparito, l’ipotesi di complici e la pericolosità sottovalutata: i dubbi sulle libertà concesse a De Maria. Gli ultimi momenti – Il video
Dove sia il cellulare di Emanuele De Maria, se siano presenti dei complici che lo hanno aiutato nella sua breve latitanza e, soprattutto, se il personale carcerario e il datore di lavoro abbia sottovalutato o omesso segnali di pericolosità. Sono ancora numerosi i punti da chiarire nel caso del 35enne che, in cella a Bollate per un femminicidio commesso nel 2016 e ammesso al lavoro esterno perché «detenuto modello», lo scorso weekend ha prima ucciso una collega dell’hotel Berna e poi ferito gravemente un altro barista. E che, qualche ora dopo, si è tolto la vita lanciandosi da una terrazza del Duomo di Milano. La procura di Milano ha per questo aperto un fascicolo per verificare se la concessione dei permessi sia stata prematura o frutto di sottovalutazioni. Verso l’archiviazione, per la morte dell’unico indagato, l’inchiesta per omicidio e tentato omicidio con l’aggravante della premeditazione.
La nuova indagine della procura su De Maria
Una lunga serie di carte provenienti dal carcere di Bollate sono atterrati sul tavolo del pm milanese Francesco De Tommasi. Tutte le relazioni del «fascicolo trattamentale» del detenuto, con l’aggiunta di testimonianze e dell’ascolto dei colleghi e del datore di lavoro, sono il punto di partenza per la procura. Lo scopo delle indagini è capire se la morte della 50enne Chamila Wijesuriya e il ferimento del 51enne Hani Nasr fossero evitabili. E se, nelle settimane precedenti al delitto, Emanuele De Maria avesse mai dato segnali di pericolosità. Insomma se non fosse stato davvero il «detenuto modello», come invece tutti lo definivano. La procura sentirà anche chi lavorava con il 35enne all’hotel Berna, in zona Stazione Centrale a Milano, per approfondire eventuali liti scoppiate tra il detenuto e Hani Nasr, a cui alcuni dei colleghi avrebbero effettivamente accennato. Non è ancora chiaro, poi, se De Maria abbia registrato delle assenze dal lavoro come receptionist e se il datore di lavoro abbia mancato di segnalare degli «episodi negativi» relativi al 35enne.
Il cellulare scomparso e l’ipotesi di complici
All’appello della procura di Milano manca ancora il cellulare di De Maria, che nei minuti successivi all’omicidio di Chamila Wijesuriya ha usato il dispositivo della collega per telefonare alla madre. Così come non è stato chiarito se provenga dall’hotel il coltello usato per uccidere la donna e ferire l’altro collega. Sono previsti accertamenti anche sull’eventuale, benché poco probabile, presenza di aiutanti che abbiano fornito copertura al 35enne per la manciata di ore in cui ha girato liberamente per Milano. In un video, il 35enne viene immortalato mentre fa il biglietto per visitare le terrazze del Duomo. Il ticket sarebbe stato per il giorno dopo, ma De Maria è riuscito comunque a entrare con il volto coperto da una sciarpa. Ed è stato da lì che ha deciso di togliersi la vita.