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Mélenchon: «Il capitalismo ha fallito, la socialdemocrazia non funziona. Ora ci vuole una rivoluzione popolare»

13 Maggio 2025 - 06:05 Alba Romano
jean luc melenchon
jean luc melenchon
Il leader di France Insoumise: «Sarò l’ultimo presidente della V Repubblica autoritaria e mi preparo a gettare le chiavi dell’Eliseo nella Senna»

Jean-Luc Mélenchon dice che il capitalismo ha fallito e la socialdemocrazia non funzione. Per il leader di France Insoumise ora ci vuole una ribellione. O meglio: una rivoluzione popolare. Lo scrive in «Ribellatevi!» (Meltemi editore) e ne parla oggi in un’intervista con il Corriere della Sera: «La ribellione, o l’ insoumission, è la grande tradizione italiana e francese del rifiuto dell’evidenza, della scelta del conflitto intellettuale. È un punto di vista fecondo, creativo. Non è disordine». Mentre essere di sinistra «significa prima di tutto affermare che non c’è potere al di sopra della sovranità del popolo. Noi siamo fuori da qualsiasi idea di avanguardismo rivoluzionario. Prima l’opposizione era borghesi contro proletari. Oggi è oligarchia contro popolo».

Oligarchia contro popolo

Mélenchon spiega la differenza tra la France Insoumise e il Rassemblement National: «La nostra definizione di popolo deriva dalle relazioni sociali. Per Marine Le Pen invece il popolo deriva da una filiazione genetica e tradizionale. Il popolo di cui parla lei è una costruzione ideologica il cui scopo è dividere: da una parte i francesi “originari”, i bianchi, i cristiani; dall’altra i neri, i musulmani, gli universalisti. Il nostro obiettivo è l’unità per soddisfare i bisogni comuni. Noi uniamo, loro discriminano». Mentre dopo la rivoluzione «serve una pianificazione ecologica e un altro potere politico, fondato su una maggiore partecipazione popolare e più potere a livello comunale. È per questo che i nostri avversari hanno tanto interesse a spostare il dibattito».

L’armonizzazione dei rapporti tra uomo e natura

«Gli Insoumis hanno un programma, si occupano di ecosistema? Meglio parlare di Mélenchon, del mio carattere, dei miei gusti, del mio entourage. La nostra lotta propone un’armonizzazione dei rapporti tra gli esseri umani e la natura, impossibile in un sistema capitalistico», aggiunge. Opponendosi al ReArm Europe: «Non esiste. “Faremo l’Europa della difesa”, dicono. Ma chi comincia? Nessuno. La von der Leyen ha fatto approvare un bilancio per le armi da 850 miliardi, che equivalgono esattamente al 5% del Pil richiesto da Trump».

Quindi, la Russia: «Verrà a Parigi per rubarci la Torre Eiffel? Già durante la Guerra fredda si parlava dei carri armati russi sugli Champs-Élysées. È grottesco. Bisogna uscire dalla Nato, per tappe. Non c’è più l’Urss ma c’è ancora la Nato! Occorre invece una diplomazia alterglobalista fatta della difesa delle cause comuni dell’umanità: l’acqua, la lotta alla fame e alle epidemie».

Se vince Mélenchon

Infine, Mélenchon spiega cosa farà in caso di conquista dell’Eliseo nel 2027: «Supponiamo che un Insoumis o una Insoumise vinca le presidenziali. Una volta ho usato una formula un po’ provocatoria: “Sarò l’ultimo presidente della V Repubblica autoritaria e mi preparo a gettare le chiavi dell’Eliseo nella Senna”. Era per dire che bisogna passare a una VI Repubblica, quella di un potere popolare allargato, dotato di strumenti come un referendum che possa revocare gli eletti, presidente della Repubblica compreso». E l’Europa? «La mia priorità è l’Europa latina, quella che produce di più nel continente, mentre i nostri amici tedeschi ci disprezzano e ci impongono le ricette mortifere del neoliberismo. Ma il primo a rompere la menzogna del discorso collettivo è stato Trump quando ha detto: non è la libera concorrenza ma sono io, lo Stato, a decidere i prezzi con i dazi. Ridiamoci su: parla come Breznev».

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