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L’allarme di Draghi: «I dazi di Trump un punto di rottura, l’Europa si svegli e impari a crescere da sola»

14 Maggio 2025 - 14:46 Bruno Gaetani
draghi discorso coimbra dazi usa europa
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L'ex premier interviene al summit sull'innovazione di Coimbra e torna a pungere i decisori Ue: «Così il mercato dell'energia è una palla al piede»

È già da diversi anni che «la situazione si stava deteriorando», ma la guerra commerciale scatenata dagli Stati Uniti rappresenta «un punto di rottura». A parlare è Mario Draghi, intervenuto al XVIII summit sull’innovazione Cotec a Coimbra, in Portogallo. L’ex premier italiano ed ex presidente della Bce torna a suonare la sveglia all’Europa e prova a dire la sua su ciò che potrebbe accadere nel Vecchio Continente dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. «Le recenti azioni dell’amministrazione statunitense avranno sicuramente un impatto sull’economia europea. E anche se le tensioni commerciali si attenuano, è probabile che l’incertezza permanga e agisca da vento contrario per gli investimenti nel settore manifatturiero dell’Ue», dice Draghi.

La difficile via d’uscita dai dazi americani

Secondo l’ex premier, il terremoto politico e diplomatico provocato da Trump rappresenta l’occasione perfetta per riflettere su ciò che di buono e di sbagliato è stato fatto dall’Unione europea negli ultimi anni. Innanzitutto, dice Draghi, «dovremmo chiederci perché abbiamo smesso di essere nelle mani dei consumatori statunitensi per guidare la nostra crescita. E dovremmo chiederci come possiamo crescere e generare ricchezza da soli». Ma ora che siamo nel pieno della tempesta dei dazi, «non possiamo diversificare dagli Stati Uniti nel breve periodo» e «le speranze che l’apertura al mondo possa sostituire gli Stati Uniti saranno probabilmente deluse». Insomma, non ci sono alternative: «Dovremo trovare un accordo con gli Stati Uniti per mantenere aperto il nostro accesso», sentenzia l’ex presidente della Bce, incaricato da Bruxelles di redigere un report sulla competitività europea.

I tre errori dell’Ue su austerità, produttività e salari

Sul lungo termine, continua Draghi, «è un azzardo credere che il commercio con gli Stati Uniti tornerà alla normalità dopo una rottura unilaterale così importante». Se l’Europa vuole davvero dipendere meno dagli Usa, dunque, dovrà iniziare a fare in modo di creare da sola le condizioni per la propria crescita economica. Già, ma come può farlo? Draghi suggerisce tre ambiti su cui è necessario correggere il tiro. Innanzitutto, «la politica di bilancio restrittiva», che ha portato a un calo degli investimenti pubblici. Poi c’è «l’attenzione alla competitività esterna rispetto alla produttività interna». Dal 2000, fa notare l’ex premier, «la crescita annuale della produttività del lavoro nell’Ue è stata appena la metà di quella degli Stati Uniti, causando un divario cumulativo di produttività di 27 punti percentuali nell’intero periodo». Infine, al terzo punto, c’è la questione legata agli stipendi. «I nostri salari reali non sono riusciti a tenere il passo anche con la nostra lenta produttività», sottolinea ancora Draghi.

I prezzi dell’energia come «minaccia esistenziale»

La ricetta per rilanciare la competitività dell’Europa include un altro punto ribadito in più occasioni da Draghi: abbassare i prezzi dell’energia, che rappresentano – ha scandito l’ex premier dal vertice di Coimbra – «una minaccia per la sopravvivenza della nostra industria, un ostacolo importante alla nostra competitività, un onere insostenibile per le nostre famiglie e, se non affrontati, rappresentano la principale minaccia alla nostra strategia di decarbonizzazione». E a proposito di politiche energetiche, il blackout che ha colpito Spagna e Portogallo – su cui ancora si indaga per accertare le cause esatte – ha reso ancora più evidente la necessità di investire nelle infrastrutture di rete. «Dobbiamo realizzare un grande piano di investimenti a livello europeo per costruire le reti e le interconnessioni necessarie a rendere una rete basata sulle rinnovabili e adeguata alla trasformazione energetica a cui aspiriamo», ha sottolineato Draghi. Dopodiché, occorre «riformare il funzionamento del nostro mercato energetico, lavorando per allentare il legame tra i prezzi del gas e delle rinnovabili», perché «è scoraggiante vedere come l’Europa sia diventata ostaggio di interessi consolidati».

Il debito comune e le politiche di difesa

Infine, c’è il capitolo dedicato al riarmo. Nel suo discorso a Coimbra, Draghi ricorda come l’Ue abbia «riformato le sue regole fiscali e attivato la “clausola di salvaguardia” per facilitare l’aumento delle spese per la difesa». Eppure, finora solo 5 dei 17 Paesi dell’area euro hanno optato per un periodo di aggiustamento prolungato. «Quando il debito è già elevato – ha precisato l’ex presidente della Bce – l’esenzione di categorie di spesa pubblica dalle regole di bilancio può arrivare solo fino a un certo punto. In questo contesto, l’emissione di debito comune dell’Ue per finanziare la spesa comune è una componente chiave della tabella di marcia».

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