Chi era Rodolfo Fiesoli, il Guru della setta del Forteto morto a 83 anni. Le vittime degli abusi: «I suoi adepti tuttora attivi»


È morto Rodolfo Fiesoli, fondatore e leader per trent’anni della comunità del Forteto, una realtà comunitaria vicino Mugello in cui, a partire dal 1977, erano stati accolti bambini in affidamento. Quella del Forteto al tempo di Fiesoli veniva considerata come una comunità con finalità educative e sociali salvo poi essere coinvolta in numerosi casi di violenza sessuale ed abusi su adulti e minori.
Chi era Rodolfo Fiesoli e cosa accadeva nella comunità di Forteto
Nel 1977, Rodolfo Fiesoli, insieme a Luigi Goffredi, diede vita a una comunità nel Mugello, strutturata attorno a una vasta azienda agricola, che venne a lungo considerata un modello esemplare dal Tribunale dei minori, dai servizi sociali e da alcuni ambienti politici. Le prime inchieste della Procura di Firenze inziarono già nel 1978, un solo anno dopo l’apertura della struttura, ma nonostente l’arresto di entrambi i fondatori, il tribunale di Firenze continuò ad affidare minori alla comunità di Forteto. Fino al 2000 il modello Forteto venne esaltato come punto di riferimento in Toscana per l’educazione minorile, e anche dal punto di vista economico la Cooperativa registrava un fatturato di 20 milioni di euro. I guai ritornarono nel 2000, quando la Corte europea dei diritti dell’uomo, in seguito alla denuncia di una madre a cui veniva impedito di vedere i figli, condannò l’Italia con una multa di 200 milioni di lire per danni morali. A partire dal 2011, dopo nuove denunce e testimonianze, è stata aperta un’inchiesta che ha portato alla riapertura del caso. Il processo ha rivelato un sistema settario, con pratiche coercitive, abusi psicologici e sessuali, e una forte influenza sulle vite degli ospiti, specialmente minori. Nel 2015, Fiesoli è stato condannato in primo grado a 17 anni e mezzo di reclusione. Dopo vari gradi di giudizio, la Cassazione ha confermato nel 2019 la condanna definitiva a 14 anni e 10 mesi per violenze sessuali e maltrattamenti. Nel 2023 il Tribunale di Venezia accolse il ricorso presentato dai legali di Fiesoli, autorizzandone la scarcerazione per motivi di salute.
Le vittime: «Così la setta si rafforza»
«Oggi sugli organi di stampa campeggerà la notizia della morte del ‘profeta’ Rodolfo Fiesoli e forse qualcuno scriverà anche che, con questo evento, si chiude definitivamente la storia del Forteto. Niente di più falso! Chi invece ha vissuto all’interno di una setta sa benissimo che la morte del guru non estingue la setta ma, al contrario, la rafforza nel suo ricordo e nei suoi deliranti insegnamenti»”. Con queste parole l’associazione delle Vittime del Forteto ha commentato la morte del fondatore della comunità il Forteto. «Gli adepti di Fiesoli – afferma nella stessa nota l’associazione di VIttime del Forteto – si sono nuovamente riuniti in uno splendido casale sito in Dicomano (Firenze) dove accolgono alcuni disabili che ancora vivono inspiegabilmente con loro». Sempre l’associazione Vittime del Forteto evidenzia in una nota che «Molti ex minori ancora si relazionano coi genitori funzionali a cui erano stati affidati dal maligno quadrilatero Fiesoli – Assistenti Sociali – Psicologi/Psichiatri – Tribunale per i Minorenni di Firenze” pro tempore” e non sono riusciti a ricomporre quantomeno un rapporto normale coi loro veri genitori, in continuità con la folle teoria del disconoscimento della famiglia di origine, professata da Fiesoli».
«Sconcertante in questo sfascio – aggiunge nella sua nota l’associazione delle Vittime del Forteto – il comportamento della politica toscana e mugellana che per decenni ha magnificato il Forteto e ora sembra essersi dimenticata della sua esistenza. Infine – conclude la stessa associazione – immaginiamo l’inaspettato e gradito senso sollievo che avranno, per la notizia della morte di Fiesoli, i notabili che alla fine degli anni ’90 intervennero per aiutare lo stesso Fiesoli e Goffredi che chiedevano la revisione della condanna subita nel 1985. Il fascicolo è scomparso dagli archivi del Tribunale di Firenze e ora se n’è andato chi poteva fare i loro nomi»