Bari, professore chiede sesso o soldi per superare gli esami. Condannato a cinque anni per induzione indebita


L’accordo che Fabrizio Volpe, professore di diritto civile dell’università di Bari, avrebbe stretto nel 2014 con una sua studentessa, «consisteva nella corresponsione da parte» della ragazza «della somma di denaro pattuita», mille euro, «alternativa alla prestazione sessuale inizialmente richiestale, in cambio dell’intermediazione del Volpe per il superamento di quattro esami universitari». Lo scrive il Tribunale di Bari nelle motivazioni della sentenza con cui Volpe è stato condannato a cinque anni di reclusione per induzione indebita, riconoscendolo anche responsabile di una tentata violenza sessuale, ora prescritta. In altre parole il professore avrebbe chiesto a una studentessa mille euro per superare l’esame in Diritto civile e anche in altre materie oppure una prestazione sessuale.
Le accuse nei confronti della ragazza
I fatti risalgono al 2014 e la presunta vittima, che denunciò il professore ma poi ritirò la propria costituzione a parte civile nel processo, è una studentessa del nord Barese, 23enne all’epoca dei fatti e iscritta alla facoltà di Giurisprudenza. Tra i suoi professori c’era anche Volpe, ora sospeso. Nei suoi confronti, il pm Marco D’Agostino aveva chiesto la condanna a sei anni. Perché nelle motivazioni i giudici, che hanno ricostruito passo dopo passo l’intera vicenda, hanno evidenziato che la ragazza «avrebbe assecondato la proposta per ottenere il vantaggio futuro del conseguimento della laurea senza l’impegno e la preparazione richiesti», e non «perché costretta con le spalle al muro». Vale a dire che la ragazza avrebbe strumentalizzato a suo favore il «potere» del professore «mercanteggiando il numero di esami che avrebbe potuto svolgere ad un prezzo conveniente».
Le responsabilità di Volpe
Secondo i giudici, però, Volpe avrebbe abusato «a lungo della propria funzione pubblica nei confronti della vittima», anche vantandosi «con terzi di tali condotte, come risulta dalle intercettazioni telefoniche, nelle quali egli si compiace del proprio potere nei confronti delle studentesse». L’Università di Bari, dal canto suo, si è costituita parte civile, in quanto avrebbe subito «un grave danno d’immagine». Volpe, oltretutto, avrebbe approcciato sessualmente anche altre ragazze in svariate occasioni. I giudici scrivono che «si era dimostrato disponibile ad aiutare una studentessa in altri esami se essa avesse accettato di essere la sua amante». Il rifiuto avrebbe indispettito Volpe, che considerava quella una «occasione imperdibile per una ragazza di provincia». «Se si fidanzava con me, tra virgolette, la potevo aiutare anche in qualche altro esame – scrivono i giudici -, nel senso che comunque se diventava ufficialmente, tra virgolette, la mia amante sarei stato sensibile a qualche richiesta». Il professore, infine, secondo i giudici, avrebbe anche sottoposto a «sudditanza psicologica» non solo «gli studenti, ma anche gli assistenti di cattedra, le cui carriere professionali erano orientate dal volere dell’odierno imputato».