Gaza Foundation, riparte la distribuzione degli aiuti. Migliaia di persone assaltano un sito, spari in aria per disperdere la folla – Il video
Recinzioni spostate, divelte e gettate a terra. Migliaia di persone che, disordinatamente, si gettano verso i camion di aiuti umanitari nel tentativo di mettere le mani sui beni alimentari. Una folla di persone ha fatto irruzione in uno dei complessi di aiuti umanitari attivati nelle ultime ore dalla Gaza humanitarian foundation (Ghf), nel sud della Striscia di Gaza. Secondo alcuni media, per fermare l’assalto sarebbero stati sparati dei colpi in aria. Non è chiaro, però, se i proiettili siano partiti dalle armi dell’esercito israeliano o da quelle degli uomini della società americana di sicurezza privata. Le operazioni di distribuzione dei pacchi, durante la giornata di martedì 27 maggio, sono però state anche ostacolate da Hamas.
Le minacce e i blocchi stradali, così Hamas reagisce ai camion di aiuti israelo-americani
Armi, minacce e cibo gratis alla popolazione: nella Striscia di Gaza, Hamas non sembra avere la minima intenzione di lasciare la gestione degli aiuti umanitari in mano alla Gfh. L’organizzazione Usa, che ha l’appoggio del governo e dell’esercito israeliano, ha comunicato di aver attivato due dei quattro centri di distribuzione previsti nel sud dell’enclave palestinese, tra Rafah e Khan Younis. Un piano che i miliziani sciiti, così come le Nazioni Unite, hanno già bollato come inaccettabile e «destinato al fallimento». Ai comunicati ufficiali, però, Hamas ha aggiunto anche le prime concrete mosse sul campo. Secondo la stessa organizzazione, infatti, Hamas avrebbe posizionato un posto di blocco sulla strada che porta ai camion di aiuti e avrebbe minacciato di «accogliere con cura» tutti i civili che avessero ricevuto cibo dalla Ghf. Parallelamente, fa sapere Channel 12, Hamas avrebbe iniziato a distribuire cibo gratuitamente, piazzandosi in diretta competizione con la “cordata” israelo-americana.
I primi pacchi distribuiti a Gaza
Pasta, farina, tahina, riso, salsa di pomodoro, fave, tè, biscotti e altri prodotti alimentari. Questo sarebbe il contenuto dei primi pacchi alimentari che, alle 14.40 di martedì 27 maggio, i primi 400 capifamiglia avevano ritirato, così da permettere l’approvvigionamento di oltre 2.500 persone. Intorno ai camion, il cui numero non è stato specificato, è previsto il servizio di sorveglianza armata da parte di un’agenzia privata americana. Allargando il raggio, invece, il monitoraggio della zona è affidato alle truppe israeliane dell’Idf. In totale, ha comunicato la fondazione, oggi sono stati consegnati 8mila pacchi alimentari. Ciascuno sarebbe sufficiente per sfamare 5,5 persone per tre giorni e mezzo.
Il cibo «come arma di guerra» e le dimissioni del direttore della Ghf
È proprio questo elemento che fa storcere, e non poco, il naso all’Onu e ad Hamas. Il timore, infatti, è che Tel Aviv voglia «usare il cibo come arma di guerra», arrivando a controllare e decidere anche chi ha diritto a riceverlo e chi no. Secondo quando scrive il Guardian, la Gaza foundation ha il compito di selezionare le famiglie destinatarie dei pacchi alimentari solo tra quelle senza alcun legame con i militanti di Hamas. Come distinguerle? Potenzialmente, scrive il quotidiano inglese, utilizzando anche il riconoscimento facciale o la tecnologia biometrica. Per paura che alla fondazione non fosse permesso di operare in maniera indipendente, domenica 25 maggio il direttore della Ghf Jake Wood aveva rassegnato le dimissioni. «Non è possibile attuare questo piano rispettando rigorosamente i principi umanitari di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza», ha puntualizzato in una dichiarazione.