Spesa settimanale: come orientarsi tra offerte, sconti imperdibili e slogan


Fare la spesa, che sia al supermercato o scegliendo la nuova offerta per il cellulare, dovrebbe essere un atto semplice e mirato a soddisfare le nostre esigenze. Purtroppo, capita di trovarsi di fronte a un labirinto di strategie di marketing che, dietro promesse di risparmio e convenienza, nascondono insidie capaci di alleggerire il nostro portafoglio più di quanto vorremmo. Quando entriamo in un negozio, tutto sembra progettato per farci credere di risparmiare. Cartelloni dai colori sgargianti, sconti clamorosi, offerte 3×2 irresistibili, promozioni a tempo e claim ambientali a ogni scaffale. Insomma, «grandi occasioni» che celano insidie e che spesso persuadono il consumatore mungendogli qualche euro in più del dovuto.
Shrinkflation: meno prodotto, stesso prezzo
Letteralmente «inflazione che restringe», dalla crasi delle parole inglesi shrink e inflation, la shrinkflation si verifica quando il costo di un prodotto rimane lo stesso (o varia di poco) ma la quantità di prodotto al suo interno diminuisce notevolmente. È una pratica sempre più diffusa: dalle scatole dei biscotti ai detersivi, dalle bottiglie di birra alle patatine fritte. Le confezioni rimangono identiche in tutto, eccetto che per il contenuto: prosciutti da 120g a 100, bevande da 66cl a 62 o addirittura shampoo dai 650ml ai 500.

La shrinkflation di per sé non è ovviamente una pratica illecita, ma contribuisce a una diffusa mancanza di trasparenza nei confronti dei consumatori. Anche perché diminuire il contenuto a parità di prezzo significa, evidentemente, innalzare e non di poco il costo al chilo o al litro. L’impatto sul prezzo può variare dal +7% fino al +29% senza che il cittadino se ne accorga. A meno che non monitori di volta in volta la quantità di prodotto inserita nelle confezioni o che si prodighi di controllare puntualmente il prezzo al chilo, indicatore concreto del rincaro.
Il «greenwashing»: quando l’amore per l’ambiente costa caro
«CO2 zero», «impatto zero», «emissioni zero». Negli ultimi anni, la sensibilità verso le tematiche ambientali è cresciuta esponenzialmente, e le aziende lo sanno bene: per questo sfoggiano sempre più slogan ecologici, noti come carbon claim. Secondo l’Osservatorio Immagino, sono aumentati del 13% nel 2022 rispetto al 2021 e del 23% rispetto al 2020. Ma quanto c’è di vero dietro queste frasi accattivanti? Spesso troppo poco, tanto da farli sfociare in una forma di greenwashing.
Molti di questi carbon claim, infatti, sono vaghi e si concentrano su aspetti marginali dell’impatto ambientale di un prodotto. Ad esempio, le bottiglie di latte, come ha sottolineato una ricerca di Altroconsumo: le aziende produttrici mettono il focus sul green packaging, ignorando le ben più significative emissioni legate agli allevamenti. Oppure i surgelati, dove si sbandiera la riduzione della CO2 nell’imballaggio, tralasciando la energivora catena del freddo per la conservazione del prodotto. Questo stesso ragionamento sta popolando nell’industria che più di tutte ha utilizzato – e tuttora utilizza – gli imballaggi e le bottiglie di plastica: quella del beverage.

Negozi e supermercati sono sempre più tappezzati di bottiglie di color verde o con etichette che richiamino chiaramente al tema ecologico, su cui le aziende promettono una produzione «impatto zero» oppure la compensazione delle emissioni con progetti ambientali. Ma quali siano le emissioni che vengono compensate – se quelle relative alla produzione, all’imballaggio o al trasporto – a volte, non viene specificato, rendendo difficile quantificare quell’«impatto zero». E soprattutto, adottare pratiche di compensazione delle emissioni non implica che il prodotto sia di per sé «pulito». Insomma: minore è la trasparenza riguardo ai dati o alle modalità di riduzione dell’impatto ambientale, maggiore è la probabilità che tutto si fermi a uno slogan vuoto.
Offertissime in «bundle»: quando il risparmio apparente diventa un costo nascosto
Chi non è attratto da un bel cartello colorato che promette sconti imperdibili o 3×2 iper-convenienti? Spesso, però, queste sono strategie che possono fare leva sulla fretta del consumatore e sull’impatto che questi slogan hanno su chi compra, perché in fondo è difficile rinunciare a un «affare». Peccato che molte volte il prezzo per unità dei cosiddetti «bundle» sia più alto rispetto al prezzo del singolo elemento, perché si basa su un listino prezzi appositamente «gonfiato» fino a quasi il doppio del prezzo normale. Cosa fare per tutelarsi? Controllare sempre il prezzo al litro o al chilo, senza farsi affascinare solo delle gigantografie dei super-sconti. Ci sono, poi, dei casi in cui il negozio applica su alcuni prodotti delle offerte irrinunciabili ma costringe il cliente ad acquistare accessori aggiuntivi, anche se non desiderati. Una pratica commerciale scorretta, e sanzionata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che di fatto fa lievitare il costo fino ad annullare l’effetto dello sconto. È il caso, ad esempio, di un noto negozio di elettronica che offriva smartphone e altri dispositivi a costo stracciato ma obbligava gli acquirenti ad abbinarci pellicole protettive, limitando notevolmente la libertà di scelta del consumatore. Il risultato: una salatissima multa da quasi 4 milioni di euro.
Offerte a tempo? Gli sconti gonfiati e il tranello della fretta
Tra le tipologie di offerte più diffuse, ci sono quelle «a durata limitata». Promesse di sconti che in realtà non sono uniche ma tendono a ripetersi identiche di settimana in settimana, ma che in ogni caso hanno l’effetto di creare nel consumatore un senso di urgenza che lo spinge ad acquistare subito per paura di perdere l’occasione. Proprio questa fretta impedisce al cliente di verificare se effettivamente il prezzo sia vantaggioso e se, quindi, si tratti di una vera occasione. Un effetto simile lo hanno anche gli «sconti del 50%» pubblicizzato in realtà è stato calcolato su un listino prezzi che non è quello effettivo. Ad esempio, un prodotto normalmente venduto a 1,00 €/kg si trova scontato del -30% e in promozione si trova sugli scaffali a 0,80 €/kg. Con un rapido conto matematico, si può facilmente capire che in realtà lo sconto applicato è solo del 20% e che quel 30% è stato applicato su un prezzo base di 1,15 €/kg.

del 33,34% è applicato su un prezzo di 59,99€ anche se il prodotto era in realtà venduto a 49,99€.
A destra, si ripresenta la stessa pratica non trasparente con uno sconto del -50% (Fonte: web)
Il mondo delle Telco: un mare di offerte, ma a che prezzo?
Anche il settore delle telecomunicazioni è terreno fertile per offerte allettanti e pratiche commerciali poco trasparenti, che possono costare caro ai consumatori nel lungo periodo. Alcuni operatori non disdegnano, infatti, l’utilizzo di «offerte lampo» e a tempo che in realtà non si esauriscono mai. Si tratta, in poche parole, di offerte molto aggressive che vengono proposte con scadenze ravvicinate, per spingere il potenziale cliente ad affrettarsi prima che l’«offertona» vada in fumo. Le scadenze vengono poi rinnovate appena dopo la scadenza, spesso con le stesse identiche condizioni.

alle stesse condizioni (Fonte: sito web)
Anche le offerte in «bundle» trovano posto nei piani telefonici e Internet. Offerte apparentemente «tutto incluso» che integrano la connessione fissa con abbonamenti a piattaforme streaming o altri servizi che vengono conteggiati con prezzi. Spesso questi bundle non sono personalizzabili: per avere l’accesso alla rete Internet ultraveloce, l’utente deve accettare anche servizi che magari non gli interessano. Inoltre, queste offerte possono nascondere vincoli contrattuali che vengono alla luce solo dopo l’attivazione o alla richiesta di recesso. Il caso più diffuso è quello del costo nascosto nella rateizzazione mensile di contributi di attivazione, device o servizi aggiuntivi: se il consumatore recede dall’offerta prima dei 12 mesi, dovrà completare il pagamento delle rate residue di tali contributi. Una condizione che non sempre è chiaramente evidenziata al momento della sottoscrizione.
Sempre nell’ambito delle offerte in bundle con fibra e servizi streaming, molto frequenti sono le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali. Molti operatori applicano aumenti tariffari frequenti, giustificandoli con l’impennata del costo degli stessi servizi streaming o con sedicenti “mutate condizioni di mercato”, che però non vengono in alcun modo esplicitate.

Queste, però, non sono le uniche malpractice diffuse nel mercato delle telecomunicazioni. Sono diffusi anche i cosiddetti piani «operator attack», che offrono sconti esclusivi solo ai clienti di specifici operatori concorrenti. Questi utenti possono così accedere a offerte a loro riservate che propongono le stesse condizioni – in termini di Giga, minuti e SMS – di altri piani sottoscrivibili da chiunque, ma a tariffe scontate fino al 40% rispetto a quelle previsti da quest’ultimi. In apparenza l’opportunità può sembrare molto allettante, ma lo “sconto” iniziale è spesso compensato più tardi da rimodulazioni tariffarie che di fatto annullano il vantaggio. Si tratta, dunque, di un meccanismo che genera una marcata disparità di trattamento tra i consumatori, in particolare tra chi può accedere a determinate offerte e chi no. E che, in aggiunta, alimenta un’incertezza generale sui costi a lungo andare.

Un altro lampante caso di discriminazione tra consumatori, che contribuisce a rendere offuscato il mercato delle offerte telco. E che, presentandosi come occasioni imperdibili, nascondono qualche minuscolo dettaglio che può costare caro.
Le armi dei consumatori: leggere, approfondire, analizzare
Che si tratti della spesa al supermercato, degli acquisti in un negozio o della scelta di un nuovo operatore telefonico, la chiave è essere consumatori consapevoli. Non lasciarsi abbagliare da slogan accattivanti e promesse di sconti mirabolanti: è utile prendersi del tempo per approfondire le etichette, confrontare i prezzi e analizzare le condizioni contrattuali per fare scelte informate e proteggere il nostro portafoglio dalle strategie poco trasparenti, che troppo spesso incontriamo nel nostro quotidiano e che si nascondono dietro alle grandi «occasioni imperdibili».