Il conto nascosto della corsa al riarmo lo paga il clima: con l’aumento delle spese militari Nato 200 milioni di tonnellate di CO2 all’anno in atmosfera


Il Green Deal europeo rischia di finire schiacciato dai carri armati del ReArm Europe. Mentre Bruxelles fa della difesa la nuova priorità strategica per i prossimi anni, le politiche ambientali – faticosamente costruite nella scorsa legislatura – rischiano di essere travolte dall’aumento della spesa militare. Non solo da un punto di vista economico, vista la fuga di capitali e investimenti verso i produttori di armi. Ma anche per quanto riguarda le emissioni e, di conseguenza, il riscaldamento globale. A rivelarlo è uno studio del Conflict and Environment Observatory, i cui i risultati sono stati pubblicati in esclusiva dal Guardian.
Il circolo vizioso che lega il riarmo al riscaldamento globale
Secondo i ricercatori, il riarmo pianificato dai paesi che appartengono alla Nato potrebbe far aumentare le emissioni di gas serra di quasi 200 milioni di tonnellate all’anno. «C’è una reale preoccupazione per il modo in cui stiamo dando priorità alla sicurezza a breve termine sacrificando quella a lungo termine», ha spiegato Elli Kinney, coautrice dello studio. Secondo il report, le politiche di riarmo annunciate negli ultimi mesi dai paesi europei (e non solo) rischiano di dare vita a un vero e proprio circolo vizioso. Il ragionamento dei ricercatori è il seguente: se un aumento massiccio della produzione di armi genererà un aumento delle emissioni, la crisi climatica si aggraverà. Ma visto che proprio l’aumento delle temperature è visto sempre più spesso come motore di conflitto – seppur indiretto – questo potrebbe portare a un’ulteriore corsa al riarmo.
La corsa al riarmo
Trattandosi di entità che operano (almeno in parte) in segretezza, la maggior parte degli eserciti non condivide dati sull’utilizzo di combustibili fossili. I ricercatori del Conflict and Environment Observatory stimano però che le forze armate siano responsabili di circa il 5,5% delle emissioni globali di gas serra. La corsa al riarmo dei paesi europei, diventata una vera e propria priorità per Bruxelles e per la Nato dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, non può che far aumentare l’impatto del settore sui cambiamenti climatici. Soltanto tra i paesi dell’Unione europea, tra il 2021 e il 2024 la spesa per le armi è cresciuta di oltre il 30% e verosimilmente continuerà a salire a ritmi ancora più elevati, soprattutto dopo il piano da 800 miliardi di euro proposto dalla Commissione europea.
L’impatto degli eserciti sul clima
L’analisi citata dal Guardian mostra come la ri-militarizzazione dei paesi Nato – calcolata simulando un aumento di due punti percentuali della quota del Pil destinata alle spese militari – equivarrebbe ad aggiungere ogni anno in atmosfera la stessa quantità di gas serra che emette un paese come il Pakistan, che conta oltre 240 milioni di abitanti. «Ciò che la nostra analisi rileva», spiega la ricercatrice Elli Kinney, «è che esiste una minaccia reale all’azione globale per il clima causata dall’aumento globale della spesa militare». L’impatto degli eserciti sui cambiamenti climatici avviene in diversi modi. Innanzitutto, per via della produzione di acciaio e alluminio in grandi quantità, fondamentali per la produzione di armi e mezzi militari. E poi per il gasolio utilizzato per muovere tutti i mezzi di terra, aerei e marittimi.
Foto copertina: Dreamstime/Tebnad