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La Ue accelera sull’euro digitale per colpa di Trump. La Bce vuole chiudere nel 2028, ma a Strasburgo la destra frena

euro digitale accelerazione dopo trump
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Le politiche di Washington su cripto e stablecoin hanno convinto l’Europa ad accelerare sull’introduzione della nuova valuta digitale. Pasquale Tridico (M5s): «Noi di The Left, insieme a Socialisti e Verdi, siamo favorevoli, a destra ci sono resistenze»

Ci è voluto lo scossone diplomatico, commerciale ed economico causato dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca per convincere l’Unione europea ad accelerare sul progetto dell’euro digitale. Lo scorso anno, poco prima delle elezioni europee di giugno, l’iter legislativo che avrebbe dovuto accompagnare la nascita della nuova valuta elettronica sembrava essersi arenato. Il Parlamento europeo aveva rimandato la questione alla nuova legislatura, dove i lavori sono ripresi ma a un ritmo piuttosto blando. Tanto che finora a rallentare lo sviluppo dell’intero progetto non è stata la Banca centrale europea, che prosegue spedita nel suo iter progettuale, quanto il lavoro parallelo che deve svolgere il Parlamento europeo, dove gli eurodeputati non si sono ancora messi d’accordo per arrivare a un quadro definito di regole.

Le divisioni del Parlamento Ue sull’euro digitale

L’accelerazione decisiva al progetto è arrivata solo negli ultimi mesi, non appena in Europa ci si è iniziati a rendere conto che l’atteggiamento di Trump nei confronti degli alleati del Vecchio Continente è diventato sempre più aggressivo e sfidante. L’introduzione dell’euro digitale viene vista con favore da Socialisti, Verdi e The Left, mentre una parte dei Popolari e della destra storce il naso. «L’elezione di Trump ha tolto i dubbi a chi era scettico nel centro e a sinistra, mentre evidentemente a destra ci sono ancora resistenze», spiega a Open Pasquale Tridico, eurodeputato del Movimento 5 stelle e relatore ombra del regolamento sull’euro digitale al Parlamento europeo.

In realtà, le posizioni dei gruppi politici non sono così nette come potrebbero sembrare. Tra gli italiani, per esempio, quasi tutti sembrano favorevoli alleuro digitale. «La destra italiana ha posizioni più sfumate, forse perché c’è un interesse maggiore da parte dell’Italia come sistema Paese a sviluppare un sistema di pagamento europeo. E poi – continua Tridico – non dimentichiamoci che Bankitalia sostiene fortemente l’euro digitale e il tecnico che sta gestendo i lavori alla Bce è Piero Cipollone, un italiano».

Eppure, nonostante l’accelerazione dettata dall’elezione di Trump, i lavori procedono a rilento. «È vero, c’è una lentezza di fondo», ammette l’eurodeputato del M5s. «Stiamo lavorando alle proposte della Bce e facendo audizioni con i tecnici ma non c’è ancora un provvedimento legislativo vero e proprio. L’obiettivo era far sì che il regolamento facesse un primo passaggio nella nostra commissione entro fine 2025, secondo me potremmo riuscirci», dice ancora Tridico.

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ANSA/Riccardo Antimiani | Pasquale Tridico, eurodeputato del M5s e relatore ombra del regolamento sull’euro digitale al Parlamento europeo

Una risposta alle politiche di Trump su stablecoin e dollaro

Per Bruxelles, il progetto dell’euro digitale rappresenta un passo imprescindibile per far sì che l’Europa possa raggiungere l’autonomia strategica nei pagamenti elettronici. A oggi, infatti, due terzi dei pagamenti con carta passa da operatori stranieri. Due su tutti: Visa e Mastercard, entrambi americani. Con un presidente come Donald Trump, che non ha esitato finora a utilizzare la minaccia di dazi come leva negoziale con l’Unione europea, non sarebbe impensabile che il governo americano vada da Visa e Mastercard e chieda loro di alzare le commissioni su tutte le operazioni processate nel Vecchio Continente.

Creare un sistema di pagamento europeo (e a gestione pubblica) servirebbe proprio a scongiurare situazioni come queste e permettere all’Europa di recuperare autonomia strategica anche nel settore dei pagamenti digitali. Ma l’euro digitale – che in gergo tecnico è una Central Bank Digital Currency (Cbdc), ossia una valuta digitale di Stato – rappresenterebbe anche una risposta al dilagare delle criptovalute private e delle stablecoin, che sono più stabili delle cripto tradizionali perché ancorate a una valuta di riferimento (il dollaro, nel caso degli Stati Uniti).

I nodi ancora da sciogliere

Secondo Piero Cipollone, il membro del comitato esecutivo della Bce che coordina il progetto sull’euro digitale, la nuova valuta elettronica funzionerà come «una banconota che uno può spendere dappertutto in Europa e per tutti i casi d’uso». A livello politico sembrano soprattutto due i nodi su cui ancora i governi Ue non hanno trovato un accordo. Il primo ha a che fare con il modello di compensazione per gli intermediari finanziari e i commercianti, ossia il massimale di commissioni che questi dovranno pagare. Da una parte ci sono i negozianti, che vorrebbero portare le commissioni a zero. Dall’altra ci sono le banche, che chiedono invece trattenute più alte. Il consumatore, e su questo sembrano essere tutti d’accordo, non pagherà invece alcuna commissione. Il secondo nodo su cui si dibatte è il cosiddetto holding limit, ossia la quantità massima che ogni persona potrà detenere nel portafoglio dell’euro digitale. In questo caso, le banche premono affinché il tetto sia fissato a non più di qualche migliaio di euro, così da non sostituire in toto i depositi bancari.

I prossimi passi del progetto e l’ipotesi del 2028

L’iter progettuale della Banca centrale europea procede a ritmo serrato. In autunno finirà la preparation phase. A quel punto, l’Eurotower dovrà decidere come procedere, ma la fase successiva potrebbe durare allincirca due anni, come quella ancora in corso. Per l’introduzione vera e propria dell’euro digitale c’è bisogno però che anche l’iter legislativo proceda di pari passo. Se il parlamento europeo dovesse approvare il regolamento a inizio 2026, ha spiegato Cipollone, «per metà 2028 potremmo cominciare ad avere le prime transazioni». Perché questo avvenga, però, c’è bisogno che il Parlamento e il Consiglio europeo si mettano al lavoro, e anche piuttosto in fretta. A ostacolare i piani della Bce non c’è solo la resistenza di alcuni parlamentari, ma anche la sfortunata coincidenza delle presidenze di turno Ue. Il secondo semestre del 2025 sarà a guida danese, un Paese che non fa parte dell’eurozona e che quindi ha meno interesse a spendersi politicamente per portare avanti il progetto. Lo scossone di Trump, insomma, avrà anche dato un’accelerata all’euro digitale, ma per rispettare la tabella di marcia della Bce potrebbe non essere abbastanza.

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EPA/Pablo Gianinazzi

Foto copertina: EPA/Ronald Wittek | Christine Lagarde, presidente della Bce

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