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Riccardo Zappone «non è stato ucciso dal taser», l’autopsia sul 30enne di Pescara. La rissa e le minacce di morte: «Era agitato e sporco di sangue»

Riccarrdo Zappone, taser Pescara
Riccarrdo Zappone, taser Pescara
L'esame del medico legale disposto dalla procura esclude che il 30enne sia morto per il taser usato dalla polizia. La versione del testimone, indagato con altri due per lesioni: cosa è successo prima dell'arresto

Non è stato il taser a uccidere Riccardo Zappone, il 30enne morto lo scorso 3 giugno a Pescara dopo l’intervento della polizia per sedare una rissa. L’autopsia eseguita dal medico legale Cristian D’Ovidio ha chiarito che la causa del decesso va attribuita a una «sommersione interna emorragica da trauma toracico chiuso», escludendo categoricamente qualsiasi ruolo dell’utilizzo del taser da parte delle forze dell’ordine. La procura pescarese in una nota ha sottolineato che «l’utilizzo del taser da parte del personale di polizia non ha avuto alcun ruolo ai fini del determinismo della morte». Si sarebbe trattato quindi di un’emorragia interna, dovuta alla rissa in cui era stato coinvolto il 30enne.

Indagini ancora in corso, si attendono ulteriori accertamenti

Le indagini della Procura della Repubblica di Pescara si concentrano ora per chiarire le circostanze della morte del 30enne. E si attendono gli esiti degli esami tossicologici e istologici. Per gli inquirenti, Zappone era una «vittima in condizione di particolare vulnerabilità».

La versione del meccanico: «Non l’ho colpito, è caduto da solo»

Angelo De Luca, 60 anni, titolare dell’officina dove si è verificata la colluttazione, indagato con altri due per la rissa, ha detto al quotidiano Il Centro di non aver mai colpito la vittima. «C’è stata una colluttazione tra me e quel ragazzo – ha detto De Luca – mi dispiace come sono andate dopo le cose. Ma nonostante le parolacce e le minacce non l’ho preso a pugni. E meno male che non l’ho colpito». De Luca ha descritto lo stato in cui si trovava Zappone al momento dell’incontro: «Era fuori di sé, stava agitato, sbraitava, parlava forte, era come se avesse paura di qualcuno o di qualcosa, era sporco di sangue sotto le narici, si vedeva che non stava bene». Il meccanico ha aggiunto di aver capito che il giovane «aveva preso qualcosa, che era drogato» e che Zappone continuava a urlare minacce come «io qua ammazzo tutti quanti».

Come è scoppiata la rissa secondo il meccanico

Secondo il racconto di De Luca, Zappone avrebbe «buttato dieci euro in terra» e, dopo essere stato invitato ad andarsene, «ha preso la mazza della scopa e se n’è andato verso il bar di mia figlia e verso l’ex circolo tennis, dove stanno ormai tutti i balordi e i tossicodipendenti». La situazione sarebbe poi degenerata con l’arrivo del genero e del fratello del meccanico, anch’essi tra gli indagati. «Mio genero che aveva la scopa gliel’ha lanciata per impaurirlo e mio fratello ha cercato di agguantarlo», ha spiegato De Luca. La colluttazione si sarebbe conclusa con una caduta: «Dopo che ha cercato di lanciarmi un carrello, ha iniziato a tirare pugni, uno l’ho schivato l’altro mi ha preso e io a quel punto l’ho spinto. È caduto prima di sedere e poi è andato indietro con la testa». L’arrivo delle forze dell’ordine è avvenuto circa un quarto d’ora dopo l’incidente, con due pattuglie che, secondo De Luca, avrebbero impiegato una mezz’ora per riuscire a caricare Zappone sull’auto di servizio.

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