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La battaglia dei ricercatori italiani finisce a Bruxelles. L’esposto alla Commissione Ue contro i nuovi contratti: «Viola gli impegni Pnrr»

06 Giugno 2025 - 19:13 Ygnazia Cigna
universita contratti esposto commissione ue
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Raffaele Vitolo (Adi) spiega a Open perché i dottorandi considerano «incompatibile» con le direttive Ue l’emendamento Occhiuto alla legge Pnrr, che introduce due nuovi contratti

La battaglia dei ricercatori italiani arriva a Bruxelles. L’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia (Adi) ha presentato un esposto alla Commissione europea, denunciando il rischio che l’Italia stia «violando gli impegni assunti con il Pnrr» contro l’abuso dei contratti a termine. Secondo i ricercatori, un eventuale intervento dell’Ue potrebbe costringere il governo italiano a rivedere le proprie scelte. La segnalazione dei dottorandi all’Ue si aggiunge a un’altra presentata dal sindacato Flc Cgil. Al centro della controversia c’è l’emendamento Occhiuto-Cattaneo, inserito nella legge Pnrr Scuola, che ha introdotto due nuove figure contrattuali per i ricercatori universitari: l’incarico di ricerca e l’incarico post-doc.

L’origine dello scontro

L’emendamento Occhiuto-Cattaneo è stato presentato come risposta d’urgenza a una situazione critica: la possibilità che i ricercatori italiani venissero esclusi da importanti bandi europei, come quelli del programma Marie Curie, per l’assenza di adeguati inquadramenti contrattuali. Questa modifica era stata applaudita con entusiasmo dalla ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, che l’aveva definita «la risposta che la comunità scientifica attendeva». Tuttavia, la misura ha da subito generato una spaccatura nel mondo accademico: se i rettori e il governo hanno parlato di svolta positiva, alcuni dottorandi e sindacati, hanno iniziato a contestare il provvedimento accusando il ministero di aver fornito «una narrazione fuorviante».

«Un passo indietro rispetto alla riforma Draghi»

«Il cuore del problema è che l’Italia ha già riformato il reclutamento dei ricercatori nel 2022 con il governo Draghi, proprio per rispettare una milestone del Pnrr», spiega a Open Raffaele Vitolo dell’Associazione Dottorandi d’Italia. «Quella riforma è ispirata alla direttiva europea sulla parità di trattamento, che richiede due cose: la prima è che i contratti a termine devono avere una motivazione oggettiva; la seconda è che, a parità di mansioni, deve esserci parità di trattamento retributivo», aggiunge. Sollecitato per chiarire le ragioni dell’esposto presentato ora alla Commissione Ue, il ricercatore spiega: «I due contratti previsti dalla riforma Draghi, il contratto di ricerca e quello da Ricercatore in tenure track (Rtt), rispettano queste condizioni. L’incarico di ricerca e quello post-doc introdotti da questo governo con l’emendamento Occhiuto, invece, no. Possono essere attivati in maniera astratta, senza legami con progetti specifici, e non prevedono alcun percorso di stabilizzazione. In più, gli incarichi di ricerca non garantiscono nemmeno una retribuzione minima paragonabile alle altre forme contrattuali, perché non sono contratti di lavoro dipendente o subordinato, ma parasubordinato: si torna, di fatto, alla logica degli assegni di ricerca».

«L’Italia rischia grosso»

Per questo, secondo i dottorandi, le conseguenze potrebbero essere gravi. «L’Italia rischia una procedura di infrazione da parte dell’Ue, ma anche di dover restituire i fondi del Pnrr legati a quella milestone», avverte Raffaele Vitolo. «Finora la Commissione europea non è intervenuta perché la norma era ancora in discussione, ma ora che l’emendamento è operativo, i controlli potrebbero partire. Questa norma potrà essere considerata incompatibile con il diritto europeo e, nel caso, sarà un disastro per i conti pubblici, per l’università e per i precari della ricerca», chiosa. «Ci aspettiamo che qualcosa si muova, forse una prima ammonizione da parte della Commissione europea», commentano i dottorandi, che fanno appello alla ministra per un incontro con i ricercatori.

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