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Hai più di 30 anni? Sei più vecchio della maggior parte delle persone al mondo

08 Giugno 2025 - 17:54 Gemma Argento
giovani vecchi eta mondiale mediana
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Nel 2025, l’età mediana globale è di circa 30 anni. Significa che chiunque abbia superato questa soglia è, tecnicamente, più vecchio della metà della popolazione mondiale. Ma cosa significa davvero, per la nostra salute, trovarsi in quella metà?

Nell’attuale dibattito sulla longevità, spesso l’età diventa il centro di una questione del tutto soggettiva: ci si può sentire giovani o vecchi a 40 anni, più grandi a 25, più performativi a 50. In questa percezione di sé e delle proprie risorse psico-fisiche l’età anagrafica è solo una parte dell’equazione: dall’età percepita a quella biologica e ancora a quella sociale, diversi sono i parametri che regolano la nostra esatta posizione nell’arco dell’esistenza. Questo è uno dei motivi per cui confrontarsi invece con un parametro oggettivo come l’età mediana globale può risultare sorprendente. È quello che permette di fare l’ultima analisi sul tema pubblicata da Our World in Data: nel 2025 l’età mediana è stimata in circa 30 anni. Se si ordinassero cioè tutti gli 8 miliardi di esseri umani oggi viventi in base all’età, la persona al centro avrebbe 30 anni esatti. Questo vuol dire anche che tutti i soggetti attualmente con più di 30 anni risultano tecnicamente più anziani della maggior parte della popolazione mondiale.

L’età mediana: uno specchio del mondo

Il concetto di età mediana è semplice ma estremamente utile: rappresenta l’età che divide a metà la popolazione, lasciando il 50% al di sotto e il 50% al di sopra. A differenza della media, non viene distorta da valori estremi (come persone molto anziane o molto giovani), e offre quindi un’istantanea affidabile della distribuzione anagrafica globale. Nel 1950, l’età mediana mondiale era inferiore ai 25 anni. Entro il 2100, secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, supererà i 40. Questo andamento riflette due tendenze demografiche globali: da un lato la diminuzione dei tassi di natalità e dall’altro l’aumento dell’aspettativa di vita. Ma oggi, nonostante l’invecchiamento progressivo, il mondo resta ancora giovane. E il dato dei 30 anni nel 2025 lo conferma.

Il contesto fa la percezione

In Paesi come l’Italia, il Giappone o la Germania, dove l’età mediana supera i 45 anni, sapere di essere “anziani” rispetto alla media globale può risultare paradossale. Ma è proprio questo il punto: la percezione dell’età è relativa al contesto culturale e demografico in cui si vive. Nel caso italiano, il divario è particolarmente marcato. Al 2025, l’età mediana in Italia ha raggiunto i 48,7 anni, la più alta tra i Paesi dell’Unione Europea, contro una media europea di 44,7. Anche l’età media, pari a 46,8 anni, riflette una popolazione in forte invecchiamento. Negli ultimi dieci anni, l’età mediana italiana è aumentata di 4 anni, quasi il doppio rispetto alla media UE. I dati confermano questo scenario: oltre 14,5 milioni di persone, pari al 24,7% della popolazione italiana, ha più di 65 anni.

I numeri dell’Italia

Gli ultraottantenni sono più di 4,59 milioni, e per la prima volta superano numericamente i bambini sotto i 10 anni, che sono 4,32 milioni. Un’inversione completa rispetto a venticinque anni fa, quando si contavano 2,5 bambini per ogni persona over 80. In crescita anche il numero dei centenari, che supera quota 23.500. Parallelamente, la fascia più giovane si restringe: i bambini fino a 14 anni rappresentano appena l’11,9% della popolazione. Questa trasformazione ha effetti evidenti anche a livello strutturale: secondo proiezioni dell’INAPP, entro il 2050 il rapporto tra pensionati e lavoratori sarà di uno a uno, con conseguenze significative sul sistema economico, sanitario e previdenziale. A confronto, in molti Paesi dell’Africa, dove l’età mediana è inferiore ai 20 anni, una persona di 30 o 35 anni rappresenta già una figura adulta pienamente inserita nel tessuto sociale. In Italia, invece, la stessa età viene vissuta spesso come un’età di passaggio, ancora “giovane” in termini culturali e lavorativi. È chiaro anche solo da questi dato come la percezione di cosa sia “giovane” o “vecchio” dipenda dal contesto sociale, geografico e culturale in cui si vive. Così una persona di 35 anni in Europa può sentirsi ancora nella prima metà della vita adulta, mentre nei Paesi con popolazioni molto giovani rappresenterebbe già una figura senior. Non si tratta solo di un dettaglio culturale ma di un elemento fondamentale per il modo di relazionarsi con il proprio corpo e quindi con la propria salute.

Gli effetti sulla salute

Sapere dove si è nel mondo cambia come ci prendiamo cura di noi. Essere “più vecchi della maggior parte delle persone al mondo” può apparire come un dato neutro, ma in realtà ha implicazioni significative, anche per la salute. La percezione dell’età incide sul benessere: studi in psicologia e medicina mostrano che chi si percepisce come “vecchio” tende per esempio a:

  • essere più incline alla depressione;
  • ridurre l’attività fisica;
  • sottovalutare l’importanza della prevenzione.

Al contrario, una percezione positiva dell’età è associata a migliori condizioni fisiche e cognitive, a una maggiore motivazione nel mantenere abitudini salutari e, in alcuni casi, a una maggiore longevità.

I 30 anni come soglia chiave

È proprio attorno ai 30 anni d’età che si concentrano alcuni cambiamenti fisiologici:

  • diminuzione della massa muscolare e del metabolismo basale;
  • prime variazioni ormonali;
  • aumento del rischio cardiovascolare in assenza di stili di vita sani

Sapere in quale metà del mondo ci si colloca in termini di età può offrire una prospettiva nuova non certo per agevolare sterili classificazioni tra “giovani” e “vecchi” ma per prendersi cura di sé e del proprio stile di vita in modo più consapevole. Quella dei 30 anni si tratta di un’età cruciale per esempio anche per consolidare o iniziare pratiche di prevenzione come:  

  • controlli medici regolari;
  • screening raccomandati come Pap test, visite dermatologiche, controlli pressori;
  • attenzione alla salute mentale e al benessere psicologico.

Foto in evidenza di Rod Long su Unsplash

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