Così don Nicola D’Onghia «ha ostacolato le indagini», i giudici sul prete che travolse con l’auto Fabiana Chiarappa: «Da lui dichiarazioni inutili»


Dalle motivazioni dell’ordinanza del Tribunale del Riesame di Bari emerge che don Nicola D’Onghia, parroco di Noci indagato per omicidio stradale, ha ostacolato le indagini sulla morte della motociclista Fabiana Chiarappa. Secondo i giudici, le dichiarazioni del religioso relative all’incidente «non ha mai agevolato, ma ha anzi di fatto ostacolato la ricostruzione della dinamica del sinistro, resa possibile solo grazie all’acquisizione dei filmati provenienti dalle telecamere di videosorveglianza, all’incrocio dei dati dei tabulati telefonici e alla prova scientifica». Il Tribunale ha disposto per il parroco l’obbligo di dimora al posto dei domiciliari con ordinanza del 19 maggio scorso, riducendo la misura cautelare inizialmente applicata.
Dichiarazioni inutili e presentazione irrilevante
Il parroco si era presentato dai carabinieri il giorno successivo all’incidente del 2 aprile, sostenendo di aver sentito un rumore provenire dal pianale della sua auto mentre transitava sulla statale 172. «Pensavo di aver colpito un sasso, era buio», aveva dichiarato D’Onghia, affermando di non essersi accorto del corpo della vittima. I giudici del Riesame hanno bollato queste affermazioni come «assolutamente inutili in ottica investigativa». Inoltre, secondo il Tribunale, l’essersi presentato spontaneamente in caserma risulta «irrilevante», poiché il prete «probabilmente cominciava a sentirsi braccato dalle prime indagini che stavano orientando gli inquirenti verso la sua autovettura».
La dinamica dell’incidente ricostruita dalle prove
L’incidente è avvenuto la sera del 2 aprile sulla statale 172 che collega Turi e Putignano. Fabiana Chiarappa, 32 anni, rugbista e soccorritrice del 118, aveva perso il controllo della sua moto Suzuki. Secondo gli inquirenti, la giovane sarebbe stata travolta e uccisa mentre si trovava sull’asfalto dopo la caduta, dalla Fiat Bravo guidata da D’Onghia. La ricostruzione della dinamica è stata possibile attraverso i filmati delle telecamere di videosorveglianza, l’analisi dei tabulati telefonici e prove scientifiche. Di certo non grazie al contributo delle dichiarazioni del parroco,
Il telefono alla guida e l’omissione di soccorso
Le indagini dei carabinieri, coordinate dal procuratore aggiunto Ciro Angelillis e dalla pm Ileana Ramundo, hanno accertato che il sacerdote stava utilizzando il telefono fino a pochi secondi prima dell’impatto. Oltre all’omicidio stradale, a D’Onghia è contestata l’omissione di soccorso: dopo l’impatto si sarebbe fermato in una vicina stazione di servizio per controllare i danni al veicolo, allontanandosi solo 45 minuti dopo senza prestare soccorso alla vittima.
Il giudizio del Tribunale
Il Tribunale ha espresso un giudizio particolarmente severo sulla condotta del parroco, ritenendo che abbia agito «in spregio di ogni regola – giuridica e non – di convivenza», mostrandosi «poco attento rispetto alla vita e all’incolumità altrui». Le tracce di sangue rinvenute sull’automobile del religioso saranno analizzate il 10 giugno dai Ris di Roma per verificare definitivamente l’appartenenza alla vittima.