Chiudono le scuole e i genitori corrono dallo psicologo. In Lombardia +40% delle richieste di aiuto: «Stanchezza emotiva profonda»


Vacanze estive iniziate. Mentre studenti e studentesse cominciano a godersi il meritato riposo dalle fatiche scolastiche, riappropriandosi di spazi, tempi e abitudini domestiche spesso sacrificati durante l’anno, i genitori corrono dallo psicologo. Nulla a che vedere con l’ironia dei meme che in questi giorni popolano i gruppi social o whatsapp di famiglie alle prese con bambini annoiati in casa. Il dato clinico arriva dall’Ordine degli psicologi della Lombardia: tra giugno e agosto si registra un incremento «fino al 40% delle richieste di supporto» da parte di madri e padri «sopraffatti dalla gestione quotidiana dei figli durante la lunga pausa estiva». Una tendenza che non riguarda solo l’organizzazione familiare ma tocca in pieno la sfera della salute mentale. A parlare della difficoltà dei genitori italiani anche il Times che in un articolo descrive le vacanze scolastiche italiane una fonte crescente di disagio psicologico per le famiglie, in particolare per quelle con genitori lavoratori e senza reti di sostegno attive. Anche quest’anno le scuole hanno chiuso ufficialmente in tutte le regioni d’Italia. Oltre che una sfida logistica ed economica, le tredici lunghe settimane da gestire sono diventate infatti per molti genitori una questione di tenuta psicologica.
«Stanchezza emotiva profonda»
Il campanello d’allarme non suona dentro le scuole ma negli studi dei professionisti della salute mentale. Le richieste di consulenza da paerte dei genitori a psicologi e psicoterapeuti appare in aumento proprio nei mesi estivi, un picco che l’Ordine professionistico registra ormai da diversi anni a questa parte, segno che la pressione non è più solo percepita ma misurabile come ogni dato clinico. «Molti arrivano in studio in uno stato di stanchezza emotiva profonda», spiega Laura Parolin, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia. «Non sono casi clinici gravi, ma madri e padri che cercano uno spazio sicuro per raccontare l’ansia, il senso di inadeguatezza, la fatica quotidiana di tenere tutto insieme». Una versione estiva del grosso carico mentale alimentato dal cambio di abitudini e dalla lunga convivenza, potenzialmente a tempo pieno, a cui si va incontro ogni fine anno scolastico.
Giugno il mese più complicato
Con circa tredici settimane di interruzione estiva, l’impatto con la fine degli impegni scolastici arriva subito nel mese di giugno. «Un periodo complicato per le famiglie», spiega ancora Parolin, «finisce la scuola ma non il lavoro. E le strutture di supporto come centri estivi pubblici, spazi aggregativi, nonni, non sempre sono già disponibili o accessibili». Tutto questo per molti genitori si trasforma in un tempo da dover riempire in fretta e senza sensi di colpa, spesso con mille strategie di fortuna che intaccano non poco l’equilibrio mentale.
Tredici settimane di vuoto e il senso di colpa cresce
L’Italia, insieme a Malta e Lettonia e in parte alla Grecia, vanta uno dei calendari scolastici più generosi del continente. Si tratta di pausa tra le più lunghe d’Europa che nulla a che vedere con le sei-nove settimane della Germania, o le otto della Francia. O ancora le sei settimane del Regno Unito. I calendari sono in genere anche distribuiti in modo più uniforme durante l’anno, con interruzioni brevi ma molto più frequenti, al contrario dell’Italia, in cui si concentra tutto in un’unica stagione estiva. Elemento non di poco conto anche per il tema della salute mentale, con una pressione psicologica legata proprio alle tempistiche ristrette e condensate dei momenti di pausa. Il vuoto di gestione, l’assenza di supporto sul piano pratico, si traduce dunque in una condizione di totale disorientamento mentale e malessere. Non è ovviamente solo una questione di conciliazione con il lavoro ma di assenza strutturale di soluzioni pubbliche accessibili: pochi centri estivi comunali, orari limitati, liste d’attesa, costi spesso insostenibili per il privato. «La scuola finisce e inizia il fai da te», sintetizzano molti genitori. Chi può si affida ai nonni, risorsa preziosa ma non illimitata, o cerca di incastrare ferie e turni con il partner. Chi non può, improvvisa. E in questa incertezza quotidiana si annida un senso di colpa silenzioso: quello di non riuscire a “riempire” il tempo dei figli in modo sano, stimolante, adeguato.
Sono più le madri «esauste» a chiedere aiuto
E poi ci sono le madri lavoratrici, che più di tutti sentono il peso di vacanze estive sempre meno gestibili. Secondo il The Times, il 63% delle madri italiane con figli in età scolare dichiara di sentirsi esausta durante il periodo estivo. Non solo stanchezza fisica ma un forte affaticamento mentale, emotivo e organizzativo che si somma al lavoro retribuito e a quello, spesso invisibile, della cura. Se durante l’anno la scuola rappresenta un presidio educativo e un sostegno alla quotidianità, l’estate lascia un vuoto che ricade in modo sproporzionato sulle donne. È su di loro che continua a gravare la responsabilità principale della pianificazione familiare: trovare alternative, coordinare orari, gestire le assenze, improvvisare soluzioni. Il risultato è un carico mentale che cresce nei mesi estivi fino a diventare, in molti casi, insostenibile. Ed è anche per questo che a chiedere aiuto agli psicologi sono, in larga parte, proprio loro.
Le domande dei genitori
Secondo quanto riportato dall’Ordine dei professionisti, quello che accade negli studi degli psicologi non assomiglia affatto a un’ondata patologica ma a un bisogno crescente di sostegno. «I genitori che chiedono aiuto non arrivano con diagnosi ma con domande: Sto facendo abbastanza? Perché mi sento sempre stanco? È normale provare frustrazione?», spiega Parolin. In questo senso, la psicologia si conferma non solo come cura, ma come strumento di prevenzione e autodifesa emotiva. Una sorta di «camera di decompressione» in cui i genitori possono rallentare, nominare il proprio disagio, alleggerire il senso di colpa. Un quadro che i professionisti descrivono anche come segnale culturale: «L’idea che la genitorialità non sia un dovere da affrontare in solitudine ma una dimensione relazionale da sostenere anche con aiuto esterno, si sta lentamente affermando. E il fatto che questo avvenga d’estate, nel tempo sospeso delle vacanze scolastiche, dice molto su come la fragilità e la responsabilità convivano oggi dentro le famiglie».
L’altra questione di salute: il caldo
Se l’ipotesi di accorciare le vacanze estive solleva consensi tra molti genitori, trova però resistenze nel mondo della scuola. E non per difesa corporativa ma per una questione che ha a che fare anch’essa con la salute: le temperature nelle aule scolastiche italiane. «Non si può prolungare l’anno scolastico a giugno senza affrontare il tema del caldo», dicono i sindacati degli insegnanti. Tra questi sollevano la questione anche Anief e il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani (Cnddu), con la richiesta per i primi di spostare l’inizio delle lezioni al primo ottobre, evidenziando che «con questa afa è assurdo iniziare le lezioni entro metà settembre, meglio sarebbe ottobre». Il Cnddu ha invece proposto un rinvio al 26 settembre, sollecitando un parere scientifico da pediatri e medici ambientali, rilevando che nelle aule, specialmente senza condizionamento, si possono raggiungere i 35–36 °C, con potenziali conseguenze su concentrazione, comfort e salute. Al centro dunque l’emergenza termica che richiederebbe interventi seri di climatizzazione e isolamento affinché anche la scuola a giugno possa essere uno scenario fattibile.
A sostenere il pericolo temperature anche diversi pareri medici. Secondo la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), le temperature possono raggiungere picchi di 35–36 °C anche a inizio autunno, a causa delle ondate di calore prolungate, tanto che si sono verificati malori e svenimenti tra gli studenti negli scorsi settembre più torridi. «Il clima mutato per il cambiamento climatico rende insostenibile mantenere le scuole aperte in condizioni di caldo estremo, la proposta dunque è quella di un differimento dell’avvio delle lezioni fino a fine settembre o addirittura ottobre, in modo da tutelare la salute psico-fisica degli alunni», spiega il presidente Alessandro Miani.