Le scuse a metà del chirurgo di Tor Vergata dopo gli insulti alla giovane collega: «In sala operatoria si combatte e io voglio vincere sempre»


«In sala operatoria si combatte per la vita. E io voglio vincere, sempre». Si giustifica così Giuseppe Sica, il chirurgo del Policlinico di Tor Vergata, a Roma, accusato di aver insultato e aggredito una giovane collega in sala operatoria. In una lettera, il professore chiarisce di aver chiesto scusa alla donna, ma rivendica, almeno in parte, la dura reazione avuta nel bel mezzo di un’operazione chirurgica. «Se percepisco un rischio concreto per il paziente, è mio dovere reagire. Viviamo in un mondo che spesso sembra capovolto. Un mondo dove si giudica con superficialità ciò che non si conosce. Eppure, ci sono luoghi, come la sala operatoria, in cui non si può permettere né leggerezza né approssimazione», spiega Giuseppe Sica.
Il video con gli insulti
In un video diffuso dall’Ansa, si vede e si sente il chirurgo del Policlinico Tor Vergata insultare la giovane collega: «Togliti dal c**zo. Te ne devi andare e non ti voglio mai più vedere in sala operatoria». A un certo punto si sente anche un rumore secco, descritto come un pugno o uno schiaffo. Sulla questione è intervenuto anche il presidente del Lazio, Francesco Rocca, che ha promesso sanzioni nei confronti del medico: «Abbiamo convocato la commissione disciplinare per la prossima settimana. Spero che faccia altrettanto l’Ordine dei medici. Questo chirurgo che ha pronunciato certe frasi e picchiato la sua assistente non deve più entrare in sala operatoria né entrare in contatto con gli studenti».
La risposta del chirurgo
A distanza di qualche giorno dall’inizio delle polemiche, Giuseppe Sica pubblica una nota perché dice di sentire «il dovere di raccontare cosa accade davvero quando si entra in sala operatoria per affrontare un caso clinico complesso». Il chirurgo descrive il momento dell’operazione chirurgica come un «fronte dove si combatte davvero tra la vita e la morte. In quei momenti, ogni secondo conta. La responsabilità è mia, totalmente mia. E se percepisco un rischio concreto per il paziente, è mio dovere reagire. Il nostro ordinamento giuridico chiama questo comportamento “stato di necessità” ed è un’esimente assoluta». Dopodiché, aggiunge: «Riconosco che i toni usati nei confronti di una collega assistente durante quell’intervento, protrattosi per oltre cinque ore, sono stati eccessivi e dettati da uno stato di forte tensione e stress emotivo. Per questo, desidero esprimere pubblicamente le mie scuse sincere e personali alla collega coinvolta».