Andrea Pennacchi e il matrimonio di Bezos: «Un’americanata, poi comprerà il Colosseo?»


Jeff Bezos è «crudele». Poteva sposarsi ovunque e invece obbliga tutti «a seguirlo in una fornace». Perché «da Venezia, a fine giugno, scappano anche le pantegane: costringerà tutti a spendere un patrimonio in lavanderia e Trump lo farà divorare da un granchio blu». Andrea Pennacchi in autunno debutterà proprio a Venezia con lo spettacolo Alieni in laguna. E ritiene una scortesia quella di mister Amazon: «Bruciarmi così il debutto ricorrendo perfino a un bestiario reale». Sul matrimonio ha le idee chiare: «Io sono un guitto e per me la domanda è una sola: quanti schei? Tre milioni per la salvaguardia di Venezia? Taccagno e vergogna».
3 milioni per Venezia, 30 per le tartine
Secondo Pennacchi Bezos «doveva tappezzare la città di schei e seppellire gli indigeni di dollari. Promette 3 milioni per la città e spende 30 milioni per le tartine: una figura da pomi». Ma d’altro canto «se sei Bezos ti piace vincere facile: noi facciamo fatica anche a rompere il ghiaccio in ascensore. E se succede, black-out: restiamo dentro bloccati». I tempi, spiega, sono cambiati: «In passato, per le grandi occasioni, i signori facevano costruire palazzi, aprivano teatri, o commissionavano capolavori. Ispiravamo Shakespeare, ormai suggeriamo un breve video a Kim Kardashian». Mentre l’evento «mi ricorda il festone di paese dell’emigrato che torna e vuol far capire che ha soldi da buttare».
Venezia senza vocazioni
Ormai, dice Pennacchi, «Venezia non ha più vocazioni, le restano locazioni. Gli sposini una volta prenotavano una camera, oggi gli sposoni riservano tutta la città. Dopo Bezos è dura per tutti fare bella figura con i suoceri». E il matrimonio è «un’americanata. Sposiamoci a Venezia, facciamo un giro in gondola, mangiamo gli spaghetti e lasciamoci cantare ‘O sole mio da un neomelodico. Anche loro vittime di Totò: per l’anniversario, prima di venderlo, si compreranno il Colosseo».