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Non si ferma il caso degli agenti infiltrati nei movimenti. Piantedosi è «pronto a riferire in aula»

29 Giugno 2025 - 11:15 Alba Romano
potere al popolo antiterrorismo
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Oggi il Fatto riporta la presunta irritazione del Viminale nei confronti della Polizia di Stato, ma in mattinata arriva la smentita dal dicastero

Continua a scatenare polemiche la vicenda degli agenti infiltrati nel movimento studentesco Cambiare Rotta e in altre organizzazioni universitarie vicine alla sinistra. La Polizia di Stato, dopo la notizia riportata ieri da Fanpage, ha negato al titolarità dell’operazione. Ma poi, riporta oggi Valeria Pacelli sul Fatto Quotidiano, si è scoperto che si trattava di un’attività informativa della Direzione centrale della Polizia di prevenzione: notizia rivelata due giorni fa e finora mai smentita dal Dipartimento di sicurezza. Il giornale diretto da Marco Travaglio parla di irritazione del Viminale sulla vicenda e adesso dal ministero dell’Interno arriva una precisazione. In cui si smentisce «categoricamente qualsiasi asserita ‘irritazione’ del ministro dell’Interno sull’operato del dipartimento della pubblica sicurezza». Il ministro Piantedosi – assicurano le stesse fonti – «ripone piena fiducia nella gestione e nel lavoro del Dipartimento della pubblica sicurezza e su questa vicenda, come peraltro è sempre accaduto, se richiesto, è pronto a riferire in Parlamento».

L’inchiesta

Secondo quanto ricostruito da Fanpage cinque giovani agenti – inizialmente ne era stato individuato solo uno – facevano parte del 223esimo corso allievi della Polizia dello Stato. Poi ognuno è stato coinvolto nell’operazione di infiltrazione per Cambiare Rotta. Uno del gruppo ha provato a infiltrarsi, invano, a Roma. L’agente in questione, riporta Fanpage, dopo un periodo alla Questura di Cremona, aveva messo nel mirino le diramazioni di Potere al Popolo all’Università della Sapienza. «Si è avvicinato a noi tramite un banchetto informativo elettorale», ha raccontato alla testata una giovane attivista. «È spuntato dal nulla, non lo aveva mai visto nessuno, diceva di essere iscritto alla Sapienza dall’anno precedente. Più o meno i volti, facendo politica all’università, li riconoscevo e quindi mi aveva proprio stranito che questa persona non fosse mai comparsa». Due settimane dopo è svanito nel nulla.

I nomi reali usati per infiltrarsi, il Viminale all’oscuro: cosa potrebbe chiarire Piantedosi

Gli agenti erano in prima fila a contestare al Teatro dal Verme di Milano Carlo Calenda, davanti all’Università Bicocca contro il ministro Tommaso Foti, ma ci sono alcune questioni che forse il ministro Piantedosi sarà costretto a chiarire in Parlamento. Le solleva Pacelli sul Fatto Quotidiano. La prima è che se gli agenti erano presenti alle riunioni di partito dove finisce l’attività lecita e rischia di iniziare il controllo politico? E inoltre il Viminale era informato dell’operazione? Perché sembra, secondo quanto ricostruito dai giornali, che all’Interno erano all’oscuro di tutto. Terzo e non ultimo l’attività informativa. Gli agenti infiltrati si sono presentati ai comitati, nei movimenti, con la loro reale identità. Un rischio altissimo. Anche perché i militanti di Potere al Popolo che li hanno scoperti, riferendo poi a Fanpage cosa era successo, hanno digitato su Google e sui social nome e cognome per capire la vera identità. Non proprio un metodo da spie.

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