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Alberto Stasi resta in semilibertà, la decisione della Cassazione dopo il ricorso per l’intervista alle Iene

01 Luglio 2025 - 17:15 Ugo Milano
alberto stasi garlasco
alberto stasi garlasco
Confermato l'accesso al lavoro esterno al carcere per il 41enne condannato in via definitiva per l'omicidio della fidanzata il 13 agosto 2007. Il ricorso rigettato dopo l'intervista al programma di Italia1 sul delitto di Garlasco

Alberto Stasi resta in semilibertà. La Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura Generale presso la corte d’Appello di Milano contro l’ordinanza del 9 aprile scorso che concedeva il beneficio a Stasi, condannato in via definitiva per la morte di Chiara Poggi. In quell’occasione, il Tribunale di sorveglianza di Milano aveva ammesso al lavoro esterno al carcere per il 41enne. Secondo la procura generale di Milano, il provvedimento aveva «vizi di legittimità» nella motivazione e su altri aspetti e, pertanto, sarebbe da annullare. La revisione dell’ordinanza è stata tutta «cartolare», senza la presenza in aula delle parti, e ha previsto la semplice revisione delle osservazioni del pg e di eventuali memorie presentate dalla difesa del condannato.

Cosa sostiene la procura generale: l’intervista alle «Iene» e gli altri nodi da sciogliere

La Cassazione aveva due possibilità: confermare la semilibertà per Stasi oppure annullare il provvedimento e chiedere al Tribunale di sorveglianza di Milano un nuovo giudizio, anche alla luce delle indicazioni che i giudici forniranno nelle motivazioni del rinvio. Per la procura generale il punto focale sarebbe la ormai nota intervista alle Iene, che Alberto Stasi avrebbe concesso pur senza una «autorizzazione specifica» durante un permesso premio fuori dal carcere di Bollate per un ricongiungimento familiare. I permessi premio, infatti, possono essere garantiti ai detenuti per motivi familiari, culturali o di lavoro: in nessuno di questi rientrerebbe l’intervista. Questo elemento era però stato contrastato anche dal direttore del carcere, Giorgio Leggieri, che non aveva ritenuto fossero avvenute «infrazioni alle prescrizioni». Ma, a quanto emerge ci sarebbero altri punti che la procura generale milanese contesta.

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