Omicidio Rozzano, Daniele Rezza condannato a 27 anni di carcere. Aveva ucciso Mastrapasqua per delle cuffie da 15 euro


Daniele Rezza è stato condannato a 27 anni per l’omicidio di Manuel Mastrapasqua, il 31enne ucciso con una coltellata in strada a Rozzano lo scorso ottobre per un paio di cuffie wireless da pochi euro. Lo ha deciso la Corte di Assise di Milano. La Procura di Milano aveva chiesto una condanna a vent’anni.
La procura aveva chiesto 20 anni
Una coltellata al petto per rubare delle cuffiette wireless da 14,99 euro, poi finite pochi minuti dopo in uno dei tanti cestini dell’immondizia di strada. È di vent’anni la pena richiesta dalla procura di Milano per Daniele Rezza, accusato di aver ucciso il 31enne Manuel Mastrapasqua nella notte dell’11 ottobre 2024. Secondo gli inquirenti, il giovane – all’epoca 19enne – era uscito di casa intorno alle 2 di notte «dopo aver bevuto 5-6 drink» e portando con sé un coltello da cucina. Chieste le attenuanti generiche, soprattutto alla luce del «contesto socio-familiare» in cui il ragazzo è cresciuto. In aula erano presenti la madre, il fratello, la sorella e la fidanzata della vittima che – tramite gli avvocati – si sono detti fortemente contrari alla richiesta della procura, ritenendola troppo esigua.
Gli ultimi minuti di Manuel Mastrapasqua e il tentativo di fuga di Daniele Rezza
Un incontro casuale lungo viale Romagna, a Milano. Manuel Mastrapasqua stava tornando a casa dopo aver terminato il turno di lavoro al supermercato Carrefour di via Farini, a Milano. Alle 2.54 si sta scrivendo con la fidanzata Ginevra, che vive in Liguria. Alle 2.55 inizia a registrare un audio, che però non arriverà mai. Quello stesso audio è stato fatto sentire in aula proprio prima che i giudici si riunissero in camera di consiglio. Tre minuti dopo, alle 2.58, il giovane viene trovato a terra senza vita da una pattuglia di carabinieri di Rozzano. Il giovane 19enne torna a casa, racconta ai genitori di aver «fatto a botte con uno» e chiede al padre di sbarazzarsi delle cuffiette. Il giorno dopo è lo stesso padre che lo accompagna alla stazione di Pieve Emanuele. Da lì Daniele Rezza prende un treno per Alessandria, con l’intenzione di «scappare in Francia». Nella città piemontese, però, viene fermato per un controllo di routine dalla polizia ferroviaria. Consegna i documenti, si allontana. Poi si ferma, torna indietro e confessa: «Ho un peso addosso. Ho fatto una cazzata a Rozzano, ho ucciso una persona».
La richiesta della procura e l’indignazione della famiglia
Per la procura, la Corte dovrebbe riconoscere le attenuanti generiche. Secondo gli inquirenti, infatti, è cresciuto in un contesto «trascurato e caratterizzato da violenza cronica», tanto da non ricevere il minimo supporto dalla famiglia il giorno dopo l’omicidio, quando il 19enne avrebbe voluto costituirsi. Al momento dei fatti, poi «era smarrito». La famiglia della vittima, invece, si è schierata duramente contro questa posizione: «Manuel Mastrapasqua era un bravo ragazzo, educato. È nato prematuro, ha lottato e ce l’ha fatta. Fino a quando non ha trovato Daniele Rezza sulla sua strada», ha detto la legale di parte civile Roberta Minnotti. Che poi ha aggiunto: «Riteniamo che quella chiesta dal pm non sia giustizia».