Ddl Fine vita: quanto costerà morire? «Ci vorranno 5mila euro solo per gli strumenti, poi clinica e sanitari»


Quanto costerà morire? Una domanda inevitabile dopo l’approdo del testo concordato dalla maggioranza del ddl sul Fine vita in Commissione Giustizia e Sanità del Senato. Stando al nuovo testo base, che approderà in Aula il 17 luglio (fino all’8 sono possibili emendamenti in commissione), chi sceglierà di ricorrere al suicidio medicalmente assistito dovrà farlo a proprie spese: farmaci, strumentazioni, assistenza e ricovero sono esclusi dal Servizio sanitario nazionale. «Parliamo di un costo medio che potrebbe aggirarsi oltre i 5mila euro», spiega a Open Giorgio Trizzino, medico palliativista ed ex deputato, tra i promotori dell’inserimento delle cure palliative nei Livelli essenziali di assistenza nel 2017.
I farmaci
«Il costo materiale del farmaco non è elevato: si parla di poche centinaia di euro, se non meno», spiega Trizzino. Ma non si tratta di un’unica fiala da iniettare, come si potrebbe immaginare. La procedura è più complessa. «Bisogna preparare un cocktail di farmaci a base di barbiturici», chiarisce. I barbiturici sono farmaci in grado di deprimere il sistema nervoso centrale. La somministrazione avviene in due fasi: prima un sedativo, come il diazepam ad alte dosi o oppioidi, poi il barbiturico vero e proprio, che provoca l’arresto respiratorio. «La sedazione è fondamentale – ricorda il dottore – Serve perché la persona non sia lucida e consapevole nel momento in cui muore. Altrimenti si renderebbe conto di soffocare». Ma c’è un altro dettaglio per nulla trascurabile da sottolineare: i barbiturici vengono concessi dall’ospedale, non sono liberamente in vendita in farmacia. Quindi ci sarà da chiarire come i pazienti potranno dotarsene.
Gli strumenti
Per somministrare correttamente i farmaci, servono – logicamente – degli strumenti specifici. Ecco che qui la cifra si alza, perché – ricordiamolo – l’articolo 4 del ddl mette in chiaro che «strumentazioni e farmaci» sono esclusi dal Ssn. «Servono pompe a infusione: si tratta di dispositivi automatizzati a batteria che rilasciano lentamente le sostanze – spiega Trizzino – In pratica, si tratta di grosse siringhe collegate a un pistone meccanico che regola il flusso». E i prezzi si alzano sensibilmente perché ne servono almeno due: una per il barbiturico e l’altra per il sedativo. «Si va dalle pompe più avanzate che possono costare anche 4 o 5 mila euro, fino a modelli più economici, ma comunque si parla di migliaia di euro», sottolinea.
Il personale
Poi c’è la questione del ricovero. Qui i costi possono variare sensibilmente, a seconda dei casi. Anche perché il testo del ddl non chiarisce con precisione dove possa essere effettuato il trattamento. L’unico punto fermo, ribadito, è che i medici coinvolti dovranno essere fuori servizio nel momento in cui lo praticano. Consideriamo diversi scenari. «Se il trattamento venisse svolto in una struttura privata, ad esempio, andrebbero considerati i costi dell’ospitalità, oltre a quelli del pre-ricovero», spiega il dottor Trizzino. «Parliamo di persone con una patologia rara, quindi sarà necessario arrivare almeno un giorno prima, verificare che ci siano tutte le condizioni cliniche e logistiche, ottenere il via libera dalla struttura. In tutto, potrebbero servire due o tre giorni. E i costi, ovviamente, variano da clinica a clinica». Facendo un confronto tra i siti online delle cliniche private, si evince che per un paziente con una patologia complessa il costo di un ricovero può variare dai 500 ai 1.000 euro al giorno.
A domicilio
E se, alla fine, i pazienti si ritrovassero a sottoporsi al suicidio assistito a casa – uno degli scenari al vaglio – bisogna considerare anche il costo dell’assistenza domiciliare. «Bisognerebbe aggiungere il costo del personale che si reca a domicilio per effettuare la somministrazione», commenta Trizzino. Da Nursind Infermieri fanno sapere che è difficile fare una stima, «perché al momento non è possibile effettuare una valutazione, dato che non esiste ancora un modello consolidato». Potrebbe anche essere che, per una questione di sensibilità, «ci siano infermieri disposti a fare questo servizio gratuitamente», avvertono. Ma, più che i costi del personale, per Nursind a preoccupare è soprattutto il costo burocratico, oltre alla difficoltà di trovare professionisti che vogliano davvero svolgere questo ruolo.
La Svizzera
«In Svizzera il pacchetto completo si aggira intorno ai 10mila euro, ma tutto è molto più semplice», spiega il dottor Trizzino. «Lì esiste un’organizzazione collaudata, già pronta ad accogliere e gestire questi casi. Qui, invece, siamo di fronte a una serie di passaggi burocratici e incertezze logistiche che rendono il percorso molto più complesso».