Milano, arriva l’imam per i giovani detenuti del Beccaria: «Hanno bisogno di una guida che sappia riconoscere le loro radici» – L’intervista


«I giovani detenuti cercano molto spesso qualcuno che li ascolti, che risponda alle loro domande e che li accompagni». A dirlo a Open è Abdullah Tchina, imam già attivo nella comunità di Sesto San Giovanni, che a partire dalla prossima settimana affiancherà don Claudio Burgio e don Gino Rigoldi all’interno dell’Istituto Penale per Minorenni (Ipm) “Cesare Beccaria” di Milano nel percorso di assistenza spirituale e morale rivolto ai ragazzi detenuti di fede musulmana. Una guida che sappia riconoscere le loro radici religiose e culturali, ma anche interpretare il contesto difficile da cui provengono.
La sua presenza si inserirà in una realtà particolarmente complessa: l’Ipm milanese è tra i più sovraffollati d’Italia, con un tasso di affollamento del 150%. Alla fine del 2024 ospitava 66 ragazzi, a fronte di una capienza di circa 45 posti. Ma nelle ultime settimane, una nuova ondata di arresti ha ulteriormente aggravato la situazione, portando il numero dei detenuti a 77. Una quota significativa di questi giovani proviene da contesti migratori, con una presenza rivelante di minori stranieri non accompagnati. Più in generale, nel corso del 2024 sono transitati nel minorile 297 ragazzi: il 78% di origine straniera, l’87% proveniente da Paesi a maggioranza islamica.
Il supporto che va oltre la preghiera: «Un vero accompagnamento umano e morale»
La presenza dell’imam all’interno dell’Ipm, sancita da un protocollo d’intesa tra il Tribunale per i minorenni, la procura, il Centro per la giustizia minorile, la comunità islamica e l’istituto penitenziario, rappresenta un’importante novità, che mira a fornire ai giovani reclusi che lo desiderano un supporto concreto, non solo sul piano spirituale, ma anche sotto il profilo culturale e sociale. «Questa proposta rappresenta un’opportunità per i ragazzi, le istituzioni e l’intera società. Ogni persona detenuta comporta un costo per lo Stato: favorire il reinserimento, allontanandoli da contesti dannosi e promuovendone l’integrazione e la responsabilizzazione, genera vantaggi concreti per tutti», ci spiega l’imam. «Non si tratta solo di preghiera – prosegue – ma di un vero accompagnamento morale e umano. Aiuteremo i giovani a interpretare la loro religione in modo equilibrato e responsabile, fornendo loro anche delle risposte concrete per il presente e per il futuro». L’assistenza riguarderà anche aspetti importanti della vita religiosa, come il supporto durante il Ramadan e la possibilità di organizzare e partecipare alle principali festività islamiche. «Momenti in cui i giovani detenuti si sentono particolarmente soli», sottolinea. «Cercheremo – continua Abdullah Tchina – di farli sentire accompagnati e tutelati, soprattutto perché tanti sono lontani dalle famiglie e in una situazione di forte vulnerabilità».

nel carcere Beccaria, Milano, 24 Marzo 2025
«Indirizzare il percorso dentro e fuori dal carcere»
Dal punto di vista educativo, il lavoro all’interno del Beccaria si preannuncia complesso: «I ragazzi non sono tutti uguali – afferma l’imam -. C’è chi è smarrito e non sa cosa cercare, chi è consapevole dei propri errori e chi, invece, sceglie di ignorarli. Il nostro compito è risvegliare le loro coscienze, aiutarli a comprendere il percorso che possono fare dentro e fuori dal carcere». Secondo Abdullah Tchina, ciò di cui i giovani detenuti hanno più bisogno è qualcuno che li ascolti: «Cercano una figura di fiducia, religiosa o semplicemente umana, e che sappia dare un sostegno morale. Tanti di loro sono davvero disperati, non vogliono parlare della loro famiglia, non sanno cosa fare domani. La presenza di una guida, di un cappellano, può aprire una parentesi di speranza». In questo contesto, la figura di un imam non è solo una risposta ai bisogni spirituali, ma un passo importante verso un sistema penitenziario più attento ai bisogni individuali e rispettoso della diversità culturale e religiosa. Non si tratta solo di garantire un diritto, ma di creare le condizioni per un autentico percorso di reinserimento, capace di includere tutti, senza lasciare indietro nessuno.
Foto copertina: ANSA/ANDREA FASANI | Carcere “Beccaria” Milano