Chiama un alunno «cretino», il preside lo censura e il prof fa ricorso. La Cassazione: «Ha ragione in dirigente scolastico»


Il dirigente scolastico lo aveva punito con la sanzione disciplinare della censura scritta dopo che aveva apostrofato un alunno con la parola «cretino» e secondo la cassazione, questa sarebbe una pena proporzionata al comportamento. È accaduto a un insegnante di Sassuolo, che dopo aver ricevuto la censura da parte del preside, aveva fatto ricorso contro il ministero dell’istruzione e l’istituto tecnico Alberto Baggi.
L’insulto all’alunno: «sei un cretino»
Il fatto risale al 2019, come riporta Il Messaggero. All’epoca il professore insegnava, con un contratto a tempo indeterminato, all’istituto Alberto Baggi di Sassuolo. Quando, un giorno, il docente si rivolse all’alunno chiamandolo «cretino» il provvedimento del preside non tardò. Il dirigente scolastico decise di punire l’insegnate con una censura scritta, ma quest’ultimo fece subito ricorso, dapprima al Tribunale civile di Modena, che però confermò la sanzione. Anche in appello, i giudici confermarono la censura. Ma il professore non si arrese, chiedendo il parere della Cassazione. I giudici della Suprema Corte, però, hanno definito la sanzione inflitta dal preside come «proporzionata al comportamento» dell’insegnante.
La posizione del professore: una valutazione errata dei fatti
Durante il ricorso in Cassazione, il docente aveva fatto presente come, la Corte d’Appello, avesse confermato la sanzione del preside tenendo conto di due insulti, uno dei quali, in base a quanto detto dal professore, mai pronunciato. Nonostante l’insegnante abbia confermato di essersi rivolto all’alunno chiamandolo «cretino», come il ragazzo stesso aveva segnalato, non ha mai ammesso invece di aver apostrofato l’intera classe con la parola «animali», o «maiali». Un fatto, quest’ultimo, che non sarebbe mai accaduto. Dal canto suo la Corte d’Appello, aveva fatto sapere di essersi in realtà basata solo sul primo dei due fatti, cioè l’appellativo «cretino» rivolto a uno dei ragazzi. Secondo i giudici, la pena sarebbe stata proporzionata al comportamento del professore. Una sentenza confermata anche dalla Cassazione, che ha sottolineato come la sanzione della censura sia prevista dal codice disciplinare per la «violazione dei doveri inerenti alla funzione docente».