Chiodo e blackout, la verità sui mega ritardi del 2 ottobre: Rfi rischia una multa milionaria


L’Autorità dei Trasporti punta il dito contro Rete Ferroviaria Italiana per il famoso “caso del chiodo” piantato in una canalina dove passavano cavi elettrici, che il 2 ottobre scorso aveva provocato il blocco di centinaia di treni, partendo dalla stazione Termini di Roma. Se all’epoca dei fatti il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini aveva addossato interamente la colpa alla società appaltatrice a cui apparteneva l’operaio che avrebbe inavvertitamente piantato il chiodo in una canalina con fili elettrici, ora l’Autorità regolatrice dei trasporti scrive nella sua relazione che la gestione dell’emergenza da parte di Rfi non ha solo peggiorato la situazione ma causato i disservizi con ritardi e cancellazioni che con una gestione più accorta dell’emergenza avrebbero potuto essere evitati. Proprio su questo punto si concentra l’azione dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (Art), che oggi, 11 luglio, in una delibera di 15 pagine, ha annunciato l’avvio di procedure sanzionatorie contro Rfi – controllata da Fs, e quindi indirettamente dallo stato, al 100% – di fatto addossando alla società la responsabilità dell’accaduto. «Non sono state adottate le misure idonee a garantire l’esercizio e la manutenzione dell’infrastruttura, assicurandone l’accessibilità e la funzionalità» è la motivazione esplicitata nel testo.
La sanzione
Per questa violazione, al termine delle verifiche, Rete Ferroviaria Italiana potrebbe ricevere una multa fino al 2% del fatturato realizzato nell’ultimo anno. Considerando che il fatturato di Rfi nel 2024 ha superato i 2,8 miliardi di euro, il 2% corrisponderebbe a circa 57 milioni di euro. Tuttavia il tetto massimo della sanzione viene fissato non oltre i 2 milioni di euro.
Il mistero delle sim scadute
Rfi finisce sotto accusa in più punti della delibera per la gestione dei disagi nella giornata del 2 ottobre. Tra le criticità più gravi che vengono ricordate, spicca il mistero dell’allarme che non è mai scattato quando è saltata l’elettricità, causando un ritardo di ore nell’arrivo dei tecnici sul posto. I sistemi di sicurezza sono progettati per attivarsi immediatamente in caso di guasti, grazie a centraline che dovrebbero inviare sms e telefonate sia ai dirigenti responsabili che ai tecnici pronti a intervenire. Eppure, solo settimane dopo, si è scoperto che tutte le Sim nelle centraline erano da tempo senza credito e si sono disattivate automaticamente, come previsto dai contratti con gli operatori telefonici. Questo ha fatto saltare il meccanismo di allerta, lasciando i responsabili e i tecnici all’oscuro dell’emergenza.
Il gruppo elettrogeno mai partito
C’è poi un altro punto importante: sebbene il danno iniziale al cavo abbia causato la disalimentazione della cabina, si è verificato un “blocco permanente della logica” all’interno della cabina di media e bassa tensione di Roma Termini. Un blocco che ha impedito il passaggio automatico dall’alimentazione Acea (quella danneggiata) a quella di Fs, che era regolarmente presente. Le conseguenze hanno aggravato il problem: il gruppo elettrogeno di emergenza non si è attivato, dato che l’alimentazione FS era ancora presente e però l’alimentazione è stata temporaneamente garantita solo dalle batterie UPS di backup, che hanno rapidamente esaurito la loro efficienza.
«Attivati nell’immediato»
Rfi ha detto di essersi «attivata nell’immediato» per fornire all’Art «tutte le informazioni e i documenti necessari per dimostrare la correttezza del proprio operato, con la massima trasparenza e collaborazione». E poi: «quanto accaduto il 2 ottobre 2024 è stato oggetto di attente valutazioni interne all’azienda, che hanno dimostrato l’attivazione immediata di tutte le misure necessarie per la ripresa della circolazione».
L’opposizione
Interviene sul caso anche l’opposizione. «Altro che sabotaggio. La delibera inchioda Rfi alle sue responsabilità nella gestione dell’emergenza. Salvini smetta di nascondere il suo fallimento e chieda scusa agli italiani e al Parlamento per aver nascosto fino a oggi la verità rispetto a una negligenza gravissima del gestore della rete ferroviaria nazionale». A parlare è Andrea Casu (Pd), che punta il dito contro il ministro dei Trasporti, accusandolo di aver fuorviato l’opinione pubblica nei giorni successivi al disagio ferroviario, quando aveva evocato l’ipotesi di un sabotaggio, lasciando intendere che si trattasse di un’azione dolosa.