Mostro di Firenze, il Dna: «Natalino Mele non era figlio di Stefano, ma di Giovanni Vinci»


Natalino Mele non era figlio di Stefano. Ma di uno dei tanti amanti di Barbara Locci, ovvero Giovanni Vinci. Il fratello maggiore di Salvatore e Francesco, poi sospettati (senza esiti) per gli omicidi del Mostro di Firenze. La notizia di cui parla oggi il Qn viene dalla procura di Firenze. Che ha analizzato il Dna del bambino che nell’estate del 1968 non venne ucciso dall’uomo che impugnava la Beretta calibro 22 che poi fu usata negli altri duplici omicidi intorno a Firenze fino al 1985. Per l’omicidio di Locci e del suo amante Antonio Lo Bianco a Lastra a Signa è stato condannato in via definitiva Stefano, marito di Barbara. Ma le circostanze del processo non hanno mai chiarito l’esistenza di complici. Né che fine abbia fatto l’arma utilizzata.
La Beretta calibro 22
La pistola che ha sparato nel 1968 è infatti la stessa dei delitti del 1974 e degli anni Ottanta. Ma non si conosce il legame tra il primo omicidio e quelli successivi. Il tribunale di Firenze ha condannato in primo grado Pietro Pacciani per gli altri omicidi ma non per quello del 1968. Sposando così la tesi che il contadino del Mugello si fosse procurato la pistola successivamente all’omicidio. Le pm titolari di un fascicolo riaperto, Ornella Galeotti e Beatrice Giunti, dovranno ora decidere cosa fare di questa rivelazione. Anche perché nel frattempo Giovanni Vinci è morto da molti anni. Natalino Mele, bambino di 6 anni all’epoca dell’omicidio della madre nell’automobile di Lo Bianco, ha detto al telefono a Qn di non aver nemmeno mai conosciuto Giovanni Vinci.
Il Mostro e le indagini
A effettuare la comparazione tra i Dna il genetista Ugo Ricci. Lo stesso che ha trovato quello di Sempio sulle unghie di Chiara Poggi. L’indagine su Natalino risale al 2018, all’epoca dell’inchiesta – poi archiviata – sul legionario di Prato Giampiero Vigilanti. Stefano, invece, ha scontato 13 anni in carcere per l’omicidio della moglie dando, anche all’uscita, versioni completamente differenti sull’accaduto e accusando Salvatore e Francesco Vinci, all’epoca ex amanti della moglie come loro fratello, di averla uccisa o di avergli fornito la pistola per farlo. Nel frattempo Pacciani è morto in attesa del suo processo bis e dopo l’annullamento della sua assoluzione in appello, Giancarlo Lotti e Mario Vanni sono stati condannati in via definitiva per alcuni di quei delitti.