Tortura l’uomo che voleva adescare il figlio di 11 anni, condannata una madre di Bari: la trappola in casa, il pestaggio con le amiche e i video messi online


Lo aveva fatto entrare in casa sua con un pretesto, lì lo aveva inchiodato a una sedia e picchiato violentemente con l’aiuto di un’amica perché aveva tentato di adescare il figlioletto undicenne. I video delle sevizie, in cui l’uomo ammetteva di «essere un pedofilo» erano poi stati pubblicati su Facebook e diffusi a migliaia di persone tramite WhatsApp. La madre del ragazzino, residente nel Barese, è stata condannata a due anni di reclusione per tortura e lesioni personali, una pena ottenuta con rito abbreviato e dimezzata avendo rinunciato ai motivi d’appello. Sulla donna ora pende un ordine di carcerazione.
La scoperta e la trappola a casa sua: «Sei un mostro, bastardo»
È il 2018 quando la donna viene a sapere dal figlio che il giovane (oggi 33enne) aveva proposto al figlio undicenne di vedere video pedopornografici e avere rapporti sessuali durante le lezioni private pomeridiane. A quel punto la madre lo attira a casa sua messaggiandosi con lui e fingendosi il ragazzino. Una volta arrivato nell’appartamento, lo fa sedere su una sedia, gli toglie gli occhiali e lo riempie di pugni e schiaffi su tutto il corpo con l’aiuto di un’altra donna: «Stai zitto, bastardo. Sei un mostro». Poi prende un taglierino e gli incide una ferita sulla mano.
I video sui social e l’ammissione dell’uomo: «Sono un pedofilo»
Poco dopo, nell’appartamento entra una terza donna che si unisce al pestaggio. È lei a tirare fuori il cellulare e riprendere la scena, costringendo l’allora 26enne ad ammettere di «essere un pedofilo» e a leggere i messaggi che aveva inviato all’allievo undicenne. I video delle torture vengono pubblicati sui social media e fanno il giro delle chat su WhatsApp, portando sette anni dopo alla condanna della madre: l’uomo aveva riportato traumi al volto e al torace, molteplici contusioni e un taglio alla mano sinistra.