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La compagna di Alessandro Venier fuori dal carcere, andrà in una struttura protetta. L’ipotesi dell’affido della figlia di 6 mesi in Colombia

02 Agosto 2025 - 18:02 Ugo Milano
gemona esce dal carcere mailyn
gemona esce dal carcere mailyn
Il gip di Urdine, Mariarosa Persico, ha confermato invece la custodia in carcere per la madre della vittima, che ha confessato di aver ucciso e fatto a pezzi il figlio

Mailyn Castro Monsalvo, 30 anni, cittadina colombiana, accusata insieme alla suocera di aver ucciso e fatto a pezzi il compagno Alessandro Venier, non resterà in carcere. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Udine, Mariarosa Persico, ha deciso che la donna sarà trasferita in una struttura protetta per madri detenute con figli piccoli. La misura è immediatamente esecutiva: già oggi, sabato 2 agosto, Mailyn potrebbe lasciare il carcere per essere accolta in una comunità specializzata a Venezia. La decisione arriva dopo la convalida dell’arresto, avvenuta nelle scorse ore, ma accoglie l’istanza presentata dalla difesa – rappresentata dall’avvocata Federica Tosel – che ha fatto leva su una norma entrata in vigore nell’aprile scorso. La legge consente infatti una forma di custodia attenuata per le madri di bambini sotto l’anno di età, al fine di garantire la continuità del rapporto madre-figlio. Mailyn è madre di una bambina di sei mesi, avuta proprio dalla vittima.

Perché Mailyn Castro Monsalvo non andrà in carcere

La decisione di non tenerla in cella non equivale a un’esclusione della sua responsabilità, ma è legata a una misura prevista dalla legge 21 aprile 2023, n. 68. Il testo prevede la possibilità, in casi eccezionali, di applicare la custodia cautelare in una struttura dedicata quando la persona indagata o imputata è madre di un bambino sotto l’anno di età. L’obiettivo è quello di tutelare il minore, evitando – nei limiti del possibile – traumi legati alla separazione in una fase cruciale dello sviluppo. Non si tratta, quindi, di una forma di libertà, ma di una diversa modalità di detenzione, comunque controllata. La struttura in cui Mailyn sarà trasferita garantirà sorveglianza e limiti di movimento, ma in un contesto meno carcerario. Intanto proseguono le indagini. Il materiale raccolto dagli inquirenti – tra cui intercettazioni, ricerche online e testimonianze – rafforza l’impianto accusatorio. Nei prossimi giorni la Procura dovrà decidere se chiedere una perizia psichiatrica o se procedere con l’iter per il rinvio a giudizio. La bambina, per il momento, resterà con la madre nella struttura, ma non si esclude l’affido famigliare.

Per la bimba l’ipotesi dell’affido famigliare

In parallelo, si apre anche il delicato tema del futuro della bambina. Nelle scorse ore, numerosi cittadini si sono rivolti al Comune di Gemona offrendo disponibilità per un eventuale affido. Tuttavia, secondo quanto riferito all’ANSA dall’avvocata Tosel, esiste già una possibile soluzione familiare. In Colombia vivono infatti i genitori di Mailyn, due persone ancora giovani e con un’altra figlia adulta, la zia della neonata. «La famiglia si sta già organizzando per venire in Italia – ha spiegato la legale – e prenderemo contatto con il Tribunale dei Minori di Trieste per avviare, se necessario, le pratiche di affido». La possibilità che la bambina venga affidata ai nonni o alla zia in Colombia resta dunque concreta, nel caso in cui l’evoluzione dell’inchiesta o una futura condanna rendessero incompatibile la permanenza di Mailyn nella struttura con la cura diretta della figlia. Anche i servizi sociali e la magistratura minorile sono stati attivati per garantire che, qualunque sia l’esito, il percorso della piccola sia il più possibile protetto e stabile.

Mailyn in una struttura a Venezia, ma Lorena Venier resta in carcere

Resta invece in carcere Lorena Venier, 61 anni, madre di Alessandro. Anche per lei l’arresto è stato convalidato, ma il giudice ha disposto la custodia cautelare nel penitenziario di Trieste, nonostante la sua difesa chieda per lei gli arresti domiciliari. Secondo la ricostruzione della Procura, entrambe le donne avrebbero partecipato attivamente all’omicidio. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, e confermato in aula dalle stesse dichiarazioni di Lorena Venier, madre della vittima, il piano sarebbe stato accuratamente premeditato. Le due donne avrebbero prima narcotizzato Alessandro con una limonata in cui era stato sciolto un farmaco. Quando l’uomo ha mostrato segni di risveglio, Lorena – infermiera di professione – gli avrebbe iniettato insulina. Il tentativo di sedarlo non è bastato, e a quel punto avrebbero cercato di soffocarlo: prima a mani nude, poi – senza successo – con un cuscino, infine con i lacci delle scarpe. Sarebbe stata proprio Mailyn a stringerli fino a togliergli il respiro. Il cadavere è stato poi sezionato in tre parti. La calce viva, utilizzata per cercare di coprire i resti, era stata ordinata online giorni prima dell’omicidio: un dettaglio che rafforza l’ipotesi della premeditazione.

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