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Si sveglia dal coma prima dell’espianto, il caso di Danella che stava per donare gli organi da viva: i segnali che hanno bloccato i medici

07 Agosto 2025 - 17:46 Giulia Norvegno
Sala operatoria
Sala operatoria
L'inchiesta del New York Times sulle falle nel sistema di donazione degli organi negli Stati Uniti. La storia della donna arrivata in sala operatoria ancora viva e le pressioni sui medici

Danella Gallegos, 38 anni, si è risvegliata dal coma pochi istanti prima che iniziasse il prelievo dei suoi organi. Era il 2022 all’ospedale Presbyterian di Albuquerque, dove la donna senzatetto era ricoverata in condizioni critiche. I familiari, di fronte a una prognosi considerata senza speranze, avevano dato il consenso alla donazione. Mentre i chirurghi si preparavano all’espianto, Gallegos ha aperto gli occhi, ha pianto e ha risposto alla richiesta di battere le palpebre. L’équipe medica ha immediatamente bloccato la procedura, nonostante le pressioni dei coordinatori del New Mexico Donor Services che sostenevano si trattasse di semplici riflessi.

Le parole della donna sopravvissuta

Gallegos ha presentato un reclamo al Dipartimento della Salute e ha raccontato la sua esperienza al New York Times: «Mi sento fortunata, ma è assurdo pensare quanto poco ci sia mancato perché tutto finisse diversamente». Oggi è viva e ha deciso di rendere pubblico il suo caso per denunciare le falle del sistema di donazione degli organi negli Stati Uniti.

Un problema più ampio nel sistema americano

L’inchiesta del New York Times rivela che il caso Gallegos non sarebbe isolato. Emergono criticità strutturali nel sistema americano dei trapianti, in particolare nel ruolo delle Organ Procurement Organizations (OPO), responsabili del reperimento degli organi. Il problema riguarda soprattutto la cosiddetta donazione dopo morte circolatoria (DCD): i pazienti non sono cerebralmente morti, ma in coma e tenuti in vita da macchinari. Se non mostrano segni di ripresa, viene sospeso il supporto vitale e, se il cuore si ferma entro due ore, gli organi vengono considerati idonei.

Ricordiamo che un episodio del genere non potrebbe avvenire in Italia, dove le regole in materia di trapianti sono tra le più severe al mondo (lo spieghiamo qui).

Le pressioni sui medici per accelerare i tempi

Medici e infermieri denunciano pressioni e telefonate insistenti da parte dei coordinatori delle OPO, desiderosi di ottenere il consenso alla donazione il prima possibile. Talvolta prima ancora che sia formalizzata la decisione clinica di interrompere il supporto vitale. «A loro interessa solo ottenere organi», ha dichiarato un’infermiera del Presbyterian Hospital in forma anonima. Il tempo tra la morte e il prelievo deve essere minimo per garantire la qualità degli organi, spingendo le organizzazioni a muoversi con estrema rapidità.

La difesa delle organizzazioni e i numeri dell’emergenza

Il New Mexico Donor Services ha respinto ogni accusa, sostenendo che i propri operatori non interferiscono con le decisioni cliniche. Anche l’HHS ha scelto di non commentare l’inchiesta. Negli Stati Uniti, oltre 103mila persone sono in attesa di un trapianto e ogni giorno ne muoiono 13. Un solo donatore può salvare fino a otto vite e migliorare quella di altre 75. Di fronte a questi numeri, la pressione sul sistema rimane altissima, creando un equilibrio delicato tra necessità mediche e sicurezza dei pazienti.