Crosetto e la bozza per cambiare il ministero della Difesa con più poteri nella cybersicurezza. La mossa che potrebbe dare “fastidio” a Chigi


C’è un decreto in vista, per ora una bozza, che punta a riformare il ministero della Difesa. E secondo quanto riferiscono oggi fonti qualificate a Il Messaggero punta alla supervisione dei dati di aziende e Pa fino alle nomine dei generali. Nello specifico si parla di elenchi di soggetti che rientrano nel cosiddetto «perimetro di sicurezza cibernetica». Centinaia, assicura la testata, in una lista finora tenuta segreta. Queste realtà devono mantenere standard altissimi di sicurezza informatica, impedire ogni infiltrazione hacker. Si coordinano con i Servizi segreti italiani e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e se non lo fanno vanno incontro a multe salatissime. Per ora queste aziende sono a diretto perimetro di Chigi, Dis (e quindi Aise e Aisi) e Viminale. Ora il dicastero di Crosetto ne chiede il monitoraggio. Perché per Crosetto la guerra cibernetica colpisce anche settori della difesa. Alla luce del conflitto in Ucraina, dopo sono sempre più gli attacchi hacker riconducibili al Cremlino. Di qui sostiene Il Messaggero, il tentativo di aprire una finestra. Ma la bozza «dovrà essere esaminata, da cima a fondo» fanno sapere da Palazzo Chigi. «Anche dalla premier».
Le nomine secondo la bozza della Difesa
La bozza interviene anche sulle nomine militari apicali. Per i vertici delle Forze Armate – generali di brigata, divisione e corpo d’armata – deciderà una commissione interforze fra Marina, Esercito e Aeronautica integrata da un membro del gabinetto del ministro. Non più, dunque, i singoli Stati maggiori.
L’idea degli hacker 007
Non sarebbe l’unica novità calda in vista della ripresa dei lavori a settembre. Ci sono anche due proposte di legge in Parlamento, firmate rispettivamente dal forzista Giorgio Mulè (ex sottosegretario alla Difesa) e dalla deputata di FdI Chiesa: chiedono di estendere ai militari che si occupano di operazioni cyber, specialmente per il Cor, Comando operazioni in rete, le «garanzie funzionali» degli agenti segreti italiani. Ovvero la possibilità di commettere reati senza essere indagati nel corso di missioni delicate. Proposte viste con occhio benevolo dalla Difesa, assai meno a Palazzo Chigi, precisa Il Messaggero.